lunedì 5 dicembre 2016

159- L'ILLUSIONE RAZIONALE Seminario di psicologia pratica "in un'ora". 3- L'illusione razionale: saper riconoscere i trucchi della comunicazione (Testo. L'audio dei vari seminari lo trovi sul mio canale youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia)
Seminari di psicologia pratica "in un'ora"

Seminario n°3

L'ILLUSIONE RAZIONALE
( come allenarsi a capire alcune trappole della comunicazione)

Seminario tenuto presso Res Publica, Alghero, lunedì 14 dicembre 2015
Tutti i seminari sono anche su Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia

TRACCIA

Se la capacità di disobbedire ha segnato l’inizio della storia umana, può darsi benissimo che l’obbedienza ne provochi la fine" (E. Fromm)

  • L'uomo come risparmiatore di energie cognitive: scorciatoie di ragionamento
  • La ricerca motivazionale
  • L'uomo animale simbolico
  • Conscio, subconscio, inconscio
  • L'illusione razionale e i prodotti
  • L'illusione razionale e i rapporti interpersonali
  • Il principio di contrasto
  • Il principio di scarsità
  • Il principio di reciprocità
  • Contraccambiare
  • Il principio di coerenza personale
  • Far scrivere gli impegni
  • Il principio di coerenza sociale o imitazione
  • "Tu" cosa pensi
  • Il principio di simpatia
  • Il "tifo"
  • Il principio di autorità
  • Lei non sa chi sono io
  • Come proteggersi
  • Come utilizzzarre in positivo questi principi, per crescere e non per omologare


TRASCRIZIONE DEL SEMINARIO

Quaesta sera faremo in un certo senso una seconda puntata del seminario precedente. Chi c'era ricorderà che abbiamo parlato in particolare di come gestire i rapporti. Ricordate il titolo: le parole che uccidono, le parole che aiutano a crescere. Forse ricordate alcuni punti: il linguaggio dell'io; osservare ma non schiacciare la persona, distinguere l'errore dal valore della persona; ecc.

C'è una cosa che in questo momento voglio notare perchè ci servirà nel lavoro di questa sera. Mi hanno detto in questi giorni: hai notato che al seminario ci sono quasi tutte donne? Ecco infatti che qui ci sono solo una decina di maschi. Voglio fare i complimenti a questi maschi perchè è un segno di sensibilità. Osserverete che spesso c'è molta più partecipazione femminile a varie iniziative e questo ha un significato. Voi lo sapete, non c'è bisogno che mi dilunghi, che la lunghissima storia di oppressione, i millenni di oppressione hanno svsiluppato la sensibilità femminile. Oggi che da circa 50 anni c'è uno sviluppo della possibilità di conquiste femminili, conquiste non facili, e voi lo sapte molto meglio di me, c'è forte nelle donne questa voglia di imparare. Anche in università sempre di più sono le donne ad iscriversi. Agli uomini che sono qui, questi pochi uomini, complimenti, perchè significa sensibilità, voglia di capire, di informarsi.

A questo proposito proprio in questi giorni è uscito un libro molto interessante della Bongiorno "Le donne corrono da sole", questo il titolo, ed è proprio su questo percorso che le donne fanno da pochi anni. Dopo essere state schiacciate per milleni, da circa 50 anni riescono sempre di più a far sentire la propria voce. Le presenze soprattutto femminili di questa sera sono un'ulteriore conferma.

Vi dicevo che la volta scorsa abbiamo trattato delle relazioni, fra amici, genitori, insegnanti, alunni, le relazioni personali. Oggi allarghiamo il discorso. Lo scopo, sia della volta scorsa che di oggi, e un po' di tutti questi seminari, è sostanzialmente uno: dare alle persone, aiutare voi, aiutare me a rafforzare la consapevolezza dei meccanismi nei quali ci troviamo tutti a vivere. Questo ci può aiutare perchè essendo più consapevoli possiamo provare a gestili meglio e ad evitare, per quanto possibile, di rimanerne vittime e magari utilizzarli in positivo.

Nella comunicazione noi distinguiamo tre grandissimi rami: uno è la pubblicità. Sapete molto bene che cos'è. Si tratta di oggetti, cose, servizi che vengono pubblicizzati.
Poi la propaganda: e qui si tratta invece di diffondere delle idee.
Infine distinguiamo le pubbliche relazioni, che io preferisco dire pubbliche e private relazioni.

Non mi soffermerò sulla pubblicità. E' un discorso molto ampio che forse conoscete. Vi faccio un solo esempio che è molto significativo. Ricordo una ricerca (gli psicologi sono molto utilizzati nel percorso di costruzione di una pubblicità, per capire i significati, capire cosa fare). Si chiama ricerca motivazionale. Il problema che ci ponevano era di capire quale confezione fosse meglio utilizzare per un formaggio. Si son fatti tanti pezzi dello stesso formaggio, tutti uguali fra loro. Ad alcuni pezzi si è messa un'etichetta che richiamava l'idea della tradizione dei nonni, ad altri pezzi un'etichetta che richiamava la modernità, e poi una terza etichetta con un'idea intermedia. Tre colori diversi, tre immagini diverse e in un supermercato una grande cesta con questi formaggi identici, ma etichettati in tre modi diversi e tutti mischiati. Solo noi sapevamo che il formaggio era sempre lo stesso. Fermavamo le persone che sostavano presso quel cestone e che sceglievano un formaggio e chiedevamo il perchè della loro scelta. Emergevano così tutte le fantasie che stanno dietro una scelta di acquisto. Coi messaggi pubblicitari ci troviamo di fronte alla sollecitazione delle nostre fantasie, del nostro immaginario. Noi ci costruiamo delle storie, il pubblicitario cerca di stimolare delle storie dentro di noi, che poi ci portano a delle scelte. Ma quanto alla pubblicità ci fermiamo qui.

La propaganda tratta invece della diffusione delle idee. Un solo esempio. Voi sapete che da un po' di tempo c'è una forte spinta verso la prevenzione. Vi sarete accorti di sicuro che le farmacie sono diventate dei supermercati. In alcune farmacie ci sono addirittura dei carrelli: si va a fare la spesa in farmacia. C'è molta pubblicità delle case farmaceutiche e il governo sta facendo molta propaganda sul tema del prevenire. Nelle mie esperienze di lavoro legate al tema della comunicazione ricordo una consulenza ad una delle più grandi case farmaceutiche. Si fa consulenza sulla comunicazione e allora o ci dicono tutto o non serve a nulla: lo psicologo deve sapere tutto quello che loro hanno in mente. Una delle cose che ci sono state dette apertamente (è grosso quello che vi sto dicendo, ma così è ed è importante esserne consapevoli) è la seguete: a noi case farmaceutiche interessa certo, ma relativamente la salute delle persone, ciò che ci interessa maggiormente è che le persone abbiano paura di ammalarsi o di essere ammalate; le vendite e i guadagni verranno di conseguenza. Mi fermo qui anche per quanto riguarda la propaganda.

Veniamo invece a noi: le pubbliche relazioni. Cioè quando ci incontriamo con un venditore, con degli amici, con qua1unque persona, quando (parola che fa paura, ma è così) reciprocamente ci condizioniamo. E' una parola che fa paura, ma se ci pensate nessuno nasce per essere solo: nasciamo da una relazione e sentiamo fortissimo il bisogno della relazione. E relazione cosa significa? Si parla, si fanno delle azioni, io imito lei, lei imita me, senza che ce ne rendiamo conto. Il bambino, e tutti siamo stati bambini, il bambino cresce imitando. La scoperta fondamentale di Rizzolatti, ne abbiamo parlato nel seminario scorso, è stata quella dei neuroni specchio. Noi cresciamo specchiandoci in tutto ciò che incontriamo. In altre parole, ci condizioniamo. Una parola che fa paura, ma bellissima se la capiamo e se nel relazionarci ne siamo consapevoli. Se ne siamo consapevoli possiamo allenarci a prendere, della nostra cultura, del nostro ambiente, le cose belle, e provare a distanziarci da quelli che vediamo essere i suoi limiti. Per fare questo bisogna sviluppare consapevolezza.

Quanto è importante nei teenager (e qui ne abbiamo tanti) il gruppo. E' l'età. Noi psicologi pensiamo che quando siamo bimbi, in qualche modo viviamo in ipnosi (faremo un seminario sull'ipnosi), cresciamo in ipnosi. Poi nell'età dei teenagers cerchiamo di trovare una nostra identità, e allora ecco tutte le lotte, le crisi, tutte le difficoltà nel rapporto fra adulti e teenagers. Un'età dificilissima. Noi adulti ce ne dimentichiamo. Se qualcuno di voi ha letto "Aden Arabia" di Paul Nizan ricorderà una frase splendida. Dice: avevo 20 anni e nessuno osi dire che è l'età più bella.

Noi abbiamo un meccanismo dentro di noi che è antichissimo e che ci aiuta continuamente: io mi sto muovendo, voi siete lì seduti, avete le gambe in una certa posizione, le mani che si muovono. Fate dei gesti e non li fate volontariamente: c'è tutto un meccanismo automatico, riceviamo miliardi di messaggi inconsapevolmente, che il nostro organismo elabora in modo automatico, senza alcuna nostra consapevolezza. Il sistema solare ha 5 miliardi di anni, la prima cellula vitale, dalla quale si è poi arrivati fino a noi, è nata 3 miliardi e 800 milioni di anni fa. Oggi noi siamo un organismo di circa 50 trilioni di cellule. Sono numeri che se li ricordiamo ci aiutano a riflettere. Queste cellule, per me da 73 anni, collaborano fra di loro, e non sappiamo perchè. Sappiamo descrivere, spiegare come funzionano, ma non sappiamo perchè collaborano. Il mio, il tuo organismo, il tuo, il tuo... In 3 miliardi e 800 milioni di anni le cellule ne hanno imparate di cose. Ma noi, come homo sapiens sapiens abbiamo solo 200 mila anni, quindi la nostra consapevolezza, che deriva da questi 3 millimetri che coprono il nostro cervello, la neocorteccia, ha solo 200 mila anni. Questo significa che la nostra parte consapevole è recentissima.

Osserviamo che in questa complessità di 3 miliardi e 800 milioni e poi di soli 200 mila anni, i meccanismi sono diventati talmente ricchi che abbiamo bisogno di crearci delle scorciatoie per poter prendere delle decisioni. Se di tutto quello che le nostre cellule hanno imparato dovessimo tenerne conto consapevolmente non ci muoveremmo più. Voi provate a dire: adesso faccio le scale e voglio farlo consapevolmente, cioè voglio capire tutto quello che fa il mio organismo, quali muscoli muovo, quali sostanze chimiche interagiscono, quali correnti elettrochimiche attraversano le mie cellule nel fare un gradino. Domani saremmo ancora al primo gradino! Quindi ecco la necssità di mettere in atto delle scorciatoie, che fa sì che in noi si siano create quelle che noi chiamiamo scorciatoie di ragionamento. E sono preziosissime, perchè se noi dovessimo essere consapevoli di tutto quello che avviene nel nostro organismo addio movimento. Abbiamo bisogno di scorciatoie. Le scorciatoie sono fondamentali.

Un altro esempio di scorciatoia e vi sarà subito chiaro. Ricordo un nostro amico che dirigeva un centro di bricolage e ci ha detto: se io vedo che un articolo che doveva girare in tot tempo mi rimane invece in magazzino, alcune volte faccio così, lo faccio sparire per una settimana, la gente si dimentica che c'era, poi lo riespongo e se prima costava 10 lo metto a 12 con scritto "offerta speciale", e sono sicuro che andrà a ruba. Scatta in noi un meccanismo importantissimo che è quello della scarsità, e lo vedremo fra poco. Offerta speciale vuol dire che magari domani non c'è più. Di fronte ad un messaggio che veicola scarsità faccio dificoltà a pensare "ma questo mi serve, mi è utile, o finirà nel ripostiglio come tante altre cose?". No, perchè scatta una specie di ansia, un istinto di possesso. Pensate al distributore di benzina che offre un ombrello "esclusivo" a chi assomma un tot di litri di benzina. Solo per te, esclusivo, ed ovviamente sono tutti ombrelli uguali! Quante volte trovate delle offerte speciali e non state lì a controllare se davvero convengono! Usiamo le scorciatoie di ragionamento.

Vi racconto un altro episodio che è famoso nel mondo della comunicazione. Si racconta di due fratelli con un negozio di abbigliamento. Avevano un'ottima intesa. Alcune volte, se si accorgevano di un certo tipo di cliente, ad un certo momento concordato uno dei fratelli si allontanava verso l'angolo opposto del negozio. L'altro, che aveva capito che il cliente era interessato ad un certo articolo da 80 €, gridava al fratello che era lontano: senti, a quanto è questo articolo così e così? E l'altro urlava: 200. Come? 200! E allora diceva sottovoce al cliente: ha sentito, 100€, va bene? Sì sì sì! E il capo era venduto, affare fatto, col cliente che frettoloso si allontanava col capo, convinto di aver fatto un affare.

Vedete, noi non ci accorgiamo di quante volte cadiamo in queste trappole della comunicazione, che raccontate così ci fanno ridere, ma in realtà ci possiamo cascare tutti noi senza che ce ne rendiamo conto.

Ora, perchè questa sera stiamo riflettendo su questo? Per cercare di avere più consapevolezza, in modo da usare in positivo questi strumenti comunicativi. Ad esempio, il primo principio che trovate sulla traccia che avete in mano è: il principio di contrasto. Se abbiamo due stimoli diversi, noi tendiamo, proprio per capire, per discriminare, tendiamo ad esasperare le differenze. Per chi ha fatto fisica c'è un esperimento molto carino. Si prendono due secchi, uno con acqua ghiacciata, l'altro con acqua a temperatura ambiente, si mettono le due mani nei due secchi e si sentirà il freddo in una mano, il caldo nell'altra. Ma se poi invertite le mani, la mano che era nel ghiaccio sentirà come bollente l'acqua del secondo secchio che in realtà è a temperatura ambiente,e la mano che era nell'acqua a temperatura ambiente sentirà un freddo esagerato nell'altro secchio. L'organismo agisce per contrasto ed esaspera la differenza fra acqua ghiacciata e acqua a temperatura ambiente per capire di più.

Per tornare al negozio di abbigliamento. Un bravo venditore tende prima a vendere un capo costoso, perchè poi, per la legge del contrasto, una sciarpa o un capo di costo inferiore sarà più facilmente abbinabile e vendibile. Mai il contrario. Una volta che uno ha comprato per 100 €, è facile riuscire a vendere un articolo ben abbinato da 30 €, o da 15 €. Per il principio di contrasto. Vi sarà capitato di acquistare un'auto e andar lì decisi col modello che volete e poi, una volta che il venditore capisce che siamo convinti aggiunge più o meno questo: senti, ora l'auto c'è, che ne dici di mettere il portabagagli, e magari l'aria condizionata, ecc. Rispetto ai 10.000 € di una piccola auto aggiungere portapacchi, radio e magari l'aria condizionata può far agire il principio di contrasto e far partire l'acquisto. Se tu parti dall'alto, per contrasto puoi ottenere di vendere un poco di più. Attenzione quindi: conviene andare a fare acquisti con la lista di ciò che si vuole esattamente!

Il principio di contrasto, come gli altri che vedremo, può essere usato contro le persone, ma può essere usato anche in positivo. Ad esempio, quando io ho detto "qui c'è una decina di maschi e le altre sono tutte donne", in qualche modo ho utilizzato il principio di contrasto per far crescere l'attenzione sulla positività della sensibilità femminile verso la psicologia e per contrasto ho sottolineato la sensibilità dei pochi maschi presenti. Sottolineando la diferenza scatta la possibilità di stimolare più interesse, di stimolare più attenzione. Gli uomini presenti invece che sentirsi in minoranza si sentono valorizzati, le donne presenti, invece di sminuire gli uomini, si possono sentire più solidali. Questo è utilizzare il principio di contrasto in positivo. Provate a pensare a vostre esperienze nelle quali il principio di contrasto è stato utilizzato per scopi di crescita.

Voi sapete che le tecniche di vendita utilizzano a piene mani i principi della comunicazione. Se ne siamo consapevoli possiamo provare a difenderci.

Un secondo principio è il principio di reciprocità. Voi sapete che noi, proprio perchè nasciamo da una relazione e abbiamo bisogno di relazioni abbiamo bisogno di dare e di ricevere. Quando c'è squilibrio fra il dare e il ricevere c'è qualcosa che non va. E allora o ci sentiamo dei tappetini se continuiamo a dare, a dare, a dare e non riceviamo niente. O può succedere che chi riceve si stufa. Succede nelle coppie ad esempio, molte volte in crisi per questo. Uno dà, l'altro riceve, poi alla fine si stufa di ricevere e va altrove. Oppure uno dei due che fa da tappetino, l'altro continua a ricevere, in uno squilibrio nell'attenzione reciproca, e alla fine il tappetino si ribella. E prima o poi la relazione scoppia. Sapete che il 50% delle coppie si lascia, il 30% restano assieme ma è un inferno, è la situazione peggiore, e solo due coppie su 10 continuano a crescere e vivono felicemente la loro relazione fino a 100 anni.

Il principio di reciprocità è usatissimo nel campo delle vendite. Alcuni giorni fa ci è arrivata una telefonata: venite per una ricerca di mercato, vi presentiamo un prodotto e vi chiediamo il vostro parere senza alcun impegno di acquisto, e per ringraziarvi del vostro tempo vi diamo la possibilità di scegliere una week end in una località di vacanza. Abbiamo una figlia che lavora nel mondo della comunicazione e quindi le ricerche di mercato le conosciamo e siamo ben disposti a dare un nostro parere. Andiamo e la reception ci conferma che si tratta solo di rispondere a delle domande su un prodotto. Entriamo e ci troviamo immersi in una tecnica di vendita pesantissima, mai vista così pesante, da anni 50, agli albori delle tecniche di vendita. Ogni due minuti c'era un applauso nella sala: contratto fatto. Altro appalauso: contratto fatto. Ecc. Abbiamo fermato il venditore: senta, noi siamo venuti per una ricerca di mercato, sappia che oggi non compreremo nulla. Quello chiama il suo superiore, il quale ci dice che se compriamo le pentole oggetto della ricerca di mercato ci fa un regalo, e noi a ribadire la nostra posizione. Allora chiama il livello gerarchico ancora superiore che aggiunge un ulteriore regalo. Per farla breve, incalzandoci con parole e con gesti teatrali hanno aggiunto 3 o 4 regali. Alla fine hanno capito e gentilmente ci hanno accompagnato fuori.

Quante volte vi siete trovati ad essere invitati a casa di qualcuno dove si presentava qualche prodotto. Si crea un clima con thè, caffè, biscotti: crei il bisogno di ricambiare. A noi hanno regalato un week end gratis. C'è in noi forte questa spinta a ricambiare, a riequilibrare il rapporto.

Vi sarà anche capitato, una volta che avete fatto un acquisto, di sentirvi dire: ci dia il nome di un amico a cui presentare questo prodotto. Il consiglio è di non darlo mai perchè sottoponete questo amico, questo parente, questa persona a fare i conti, magari controvoglia, col principio di reciprocità. E' faticoso.

Mentre noi diciamo: possiamo utilizzare in positivo il principio di reciprocità. Se pensiamo ad esempio che ogni pressione indebita merita una risposta adeguata, se sento la pressione e ne ho consapevolezza, invece che subirla guardo la persona e con forza tranquilla posso dire: senta, io l'ascolto, poi ci rifletterò, ma oggi non comprerò nulla. Per evitare di cadere in queste trappole quindi è importante darsi tempo per riflettere, altrimenti scatta questo meccanismo.

Il principio di reciprocità è alla base della socialità. Noi abbiamo bisogno di tutti: tu sei insegnante, tu sei avvocato, tu sei casalinga, tu sei calzolaio, tu sei psicologo, tu sei muratore, tu sei
piastrellista, tu sei parlamentare, ecc. ecc... abbiamo bisogno di tutti. La persona che ha fatto questo gesso col quale scrivo alla lavagna ha la stessa dignità di ognuno di noi. Nessuno di noi saprebbe fare questo gesso, ma il gesso ci serve. Il principio della reciprocità è anche questo. Noi riusciamo a gestirlo bene e a difenderci dagli usi impropri se coltiviamo dentro di noi la pari dignità, non permettendo a nessuno di usare impropriamente il principio di reciprocità. Allora riusciamo ad essere sensibili alle intrusioni, alle forzature, all'utilizzo negativo di questi principi.

Questo significa anche che è importante esprimere le nostre sensazioni, emozioni chiaramente se siamo fra adulti, altrimenti non c'è reciprocità nella relazione. E qui viene un altro punto debole, e ritorno al fatto che qui ci sono molte donne e pochi uomini. Per la sua storia la donna è tutta protesa ad esprimere, a lavorare sul mondo delle emozioni, della sensibilità, mentre l'uomo tende ad essere proiettato tutto verso l'esterno, con poca attenzione all'interiorità, e solo raramente è educato a coltivare le emozioni, raramente riesce ad esprimere in maniera adeguata le emozioni. Questa sfasatura fra maschio e femmina è uno degli elementi delle difficoltà delle coppie.

Un altro aspetto del principio di reciprocità al quale possiamo cercare di stare attenti: vi siete mai scoperti a ricevere un regalo, a dire grazie e a sentirvi rispondere "è solo un pensierino, una cosa da niente, una piccola cosa, un nulla"? In quel momento voi state negando il principio di reciprocità. La vostra parola sia sì, sì, no, no. Faccio un regalo e la persona mi dice grazie? Prego, è un piacere! Mai sminuire ciò che si fa. Vuol dire che senza che ce ne rendiamo conto sminuiamo noi, sminuiamo l'altro. Invece ho voglia di fare un regalo, mi si dice grazie, rispondo prego.

Prendiamo la parola "umile", la si utilizza spesso per indicare chi non vuole farsi notare, si schernisce, si sminuisce. E' un modo pericoloso di considerare l'umiltà. Chi ha studiato latino sa qual'è la derivazione della parola "umiltà": da humus, terra. Umiltà non è sminuirsi, umiltà è essere consapevoli che tutti siamo terra, con la stessa origine e con la stessa fine. Veniamo dalla terra, viviamo e non sappiamo perchè, ritorniamo alla terra in un ciclo continuo che continua dal big bang ad oggi, da circa 13 miliardi e 800 milioni di anni. E siamo una specie destinata a non durare molto. Questo homo sapiens sapiens che siamo noi e che da 200 mila anni vive, non ha le caratteristiche delle tertarughe o dei coccodrilli che vivono da milioni di anni, ma ha le caratteristiche degli esseri che vivono molto meno. Il genere umano sappiamo che non durerà molto. Voi lo sapete che il 99,9% di tutte le specie che sono passate sulla terra si sono estinte? Noi conosciamo un mare di insetti, un mare di fiori, un mare di animali, un mare di piante, un'infinità. Ebbene, sono solo lo 0,1% di tutti gli esseri che sappimo essere vissuti nel tempo sulla terra. Quando noi spariremo come genere umano la terra neanche se ne accorgerà e continuerà la sua vita senza la nostra spece.

Quindi godiamoci questa vita utilizzando il principio di reciprocità. Siamo adulti e allora guardiamoci in faccia e diciamoci grazie, prego, questo sì, questo no, a viso aperto. Sì, sì, no, no. Saper dire sì. Saper dire no. Sapendo che siamo fra persone tutte con uguale dignità. Tutti umili, nel senso che veniamo dall'humus e torniamo all'humus.

Un altro principio: principio di impegno e coerenza personale. Qui c'è un luogo comune di cui spesso siamo vittime, in particolare quando siamo giovani: la coerenza. Cosa vuol dire la coerenza, il bisogno dentro di noi di essere coerenti rispetto a ciò che abbiamo detto, a ciò che abbiamo fatto? Perchè scatta dentro di noi?

All'inizio vi dicevo che nel mare di stimoli ai quali siamo sottoposti abbiamo bisogno di trovare una semplificazione, una scorciatoia di ragionamento, di semplificare il ragionamento. Con la coerenza noi risparmiamo energie seguendo sempre la stessa strada. Ma alle volte, provate a pensarci, alle volte seguiamo la stessa strada contro noi stessi. Percepiamo che c'è qualcosa di sbagliato, ma ci diciamo: "ho detto quello e allora lo faccio". No. Teniamo presente che ognuno di noi è diverso da 3 minuti fa, da 5 secondi fa, da una settimana fa. Una frase che a me piace moltissimo è questa: l'unica cosa stabile nella vita è il cambiamento. Allora: agire con responsabilità, ascoltando le proprie sensazioni ed emozioni, con enorme flessibilità.

Ed è il principio su cui si basa tutta la scienza da Galileo in poi, e sicuramente dall'illuminismo in poi. La scienza non dice: questa è la verità. Dice: questo è ciò che oggi sappiamo. Domani ecco un elemento nuovo e qualcosa cambia. Questa è la scienza.

Quindi attenzione, impegno e coerenza personale alle volte ci possono portare a sbagliare. Un esempio. Vi porto ancora nel mondo del commercio perchè lì vengono molto utilizzati questi principi. Una delle tecniche è questa: siamo a Natale, si pubblicizza un giocattolo, lo si espone per un po', poi lo si ritira. Le famiglie lo vanno a cercare perchè l'hanno promesso al bambino, ma non lo trovano e devono ripiegare su altro. Passa Natale, arriviamo a metà gennaio e l'oggetto riappare nei negozi. Hai comprato l'altro ma avevi promesso questo, che ora arriva nei negozi e diventa difficile dire di no: doppio acquisto! Il principio di coerenza usato nel commercio.

Come utilizzalo invece in positivo? Forse vi sarà capitato di essere in viaggio, in una stazione, in un aereoporto e aver bisogno di acquistare un giornale, avete una valigia pesante e non ve la sentite di tirarvela dietro. Lasciarla lì, non lasciarla lì? Si è visto che se la si lascia lì e si dice alla persona accanto: "Per favore può dare un'occhiata alla mia valigia che devo allontanarmi un attimo?", bene, le ricerche ci dicono che in questo caso i furti diminuiscono del 90%, perchè la persona ti ha detto: "Sì, ci penso io". Solo nel 10% dei casi non la custodisce o addirittra se la porta via. Se invece lasci la valigia senza questa accortezza, il rischio di furto è altissimo, Principio di impegno e di coerenza personale.

E ora un altro elemento che ci può essere utile in famiglia, o a scuola, e vedremo anche nelle psicoterapie. Qualcuno di voi forse ricorderà il programma televisivo "SOS Tata". Ricordate che la tata scriveva le regole? Uno degli elementi che favorisce la coerenza positiva, ed è molto importante per genitori, insegnanti, amici è il seguente: decidiamo una cosa? Bene, la scriviamo. Scrivere gli impegni, le regole, acquista un'altra forza, una forza enorme. I genitori coi figli, i figli coi genitori, gli insegnanti con gli alunni, gli alunni con gli insegnanti, ecc. C'è difficoltà di comunicazione? Provate a scrivere, aiuta, ha un altro peso, aiuta a comunicare nelle situazioni difficili.

A noi capita in psicoterapia. Ad esempio con problemi di anoressia, o uno vuol dire stop alle sigarette, stop alla droga, al bere, ecc. Vuole venirne fuori? E' difficile? Se arriva al punto di dire: voglio venirne fuori, ma lo trovo difficile. Allora può aiutare dire: bene, ora scrivi la tua decisione di uscirne, col tuo programma, e consegna tante copie a familiari, ad amici, a persone a cui vuoi bene. E ogni settimana scrivi quello che tu decidi di voler fare e lo consegni di nuovo. Abbiamo visto che dà un'altra forza. Questo è un modo per utilizzare in positivo il principio di coerenza personale.

E poi c'è il principio di coerenza sociale. Quante volte ci siamo scoperti a dire: cosa dirà quello, cosa dirà questo, cosa dirà mio padre, cosa dirà la zia, l'amico, ecc. Funziona moltissime volte in negativo fra gli adulti. Immaginate quanto funziona nei teenagers, nell'età in cui, usciti dall'ipnosi della fanciullezza, non siamo ancora nell'adultità, vogliamo trovare la nostra personalità
e la strada che abbiamo a disposizione, quella in cui ci specchiamo, è il gruppo. Poichè facciamo fatica a condividere le posizioni dgli adulti, ma non siamo più bambini, dobbiamo confrontarci col gruppo dei coetanei. Quanto è difficile sottrarsi alla coerenza sociale, al gruppo! Io faccio i salti di gioia quando nelle scuole mi trovo un ragazzo, una ragazza che mi dice: mi sono reso conto che nel mio gruppo si fanno delle cose negative, però come faccio a tirarmi fuori, ho capito che lì si sbaglia. Una persona che è arrivata a questa consapevolezza molto facilmente trova la strada del cambiamento e si salva cambiando gruppo. Lo si aiuta a trovare il coraggio di esplorare altri gruppi. Sempre distinguendo fra le persone e le azioni. Ricordate il seminario scorso: mai condannare le persone. Aiutare la persona a riuscire a dire al gruppo: cari amici, voi siete liberi di fare quello che volete, ma quello che fate a me sembra sbagliato e io non ci sto. Voi siete persone che valgono, ma ora state facendo cose sbagliate, e io non ci sto. E' per me una gioia immensa quando arriva un ragazzo a dirmi: io ho cambiato gruppo perchè è troppo difficile star lì a vedere continuamente cose che non condivido. Vedo una persona che cresce, che sta costruendo, mattone dopo mattone, la propria personalità. Vi ricordo ancora i neuroni specchio di Rizzolatti, noi cresciamo specchiandoci nell'ambiente in cui ci troviamo o che scegliamo.

Per questo dico: ogni genitore, ogni insegnante, ogni nonno, ogni amico, è imporante che osservi i ragazzi, e quando rientrano a casa notarne l'umore, il comportamento, per capire subito il clima dal quale provengono, nel quale sono stati. Puoi capire se vengono da un ambiente deprimente o da un ambiente positivo, o da un ambiente ..., ecc. Se tutto va bene, ok, ma se percepisci che è successo qualcosa di negativo e il ragazzo non ne parla spontaneamente, cercare di informarsi per capire e per scegliere come intervenire. Perchè, lo ripeto, noi cresciamo specchiandoci nell'ambiente.

L'ambiente è fondamentale. Dopo il 1953, l'anno in cui è stata scoperta la struttura del DNA da Watson e Crick, ci siamo presi una sbornia di DNA. Oggi invece abbiamo fatto un passo avanti con l'epigenetica, cioè oltre, al di là della genetica, e sappiamo che due sono gli elemnti fondamentali: il DNA e l'ambiente. Ma il DNA viene attivato dall'ambiente. A secondo dell'ambiente vengono attivati o non attivati i segmenti del DNA. L'ambiente modifica il DNA. Oggi riusciamo a dire questo: l'ambiente è fondamentale.

Forse qualcuno di voi avrà letto "I dolori del giovane Werther" di Goethe. Saprete che addirittura il libro a suo tempo è stato proibito perchè c'è stata una sequela di suicidi dopo questo libro, suicidi per imitazione, per il principio di coerenza socale. Le ricerche dicono che nei dieci giorni successivi alla pubblicizzazione di avvenimenti negativi, le persone più sensibili, o meno attrezzate psicologicamente sono più a rischio di imitazione. Tanto conta l'ambiente!

Pensate al principio di coerenza sociale e alle domande fondamentali della vita. Cos'è la vita? Cos'è la morte? E' una cosa molto delicata, ma oggi sappiamo, l'epistemologia ce lo dice (e faremo un seminario su questo: "Fra relativismo e assoluto"), oggi sappiamo che non abbiamo risposte, si tratta di qualcosa che è al di là delle nostre capacità. E proprio perchè è al di là delle nostre capacità, ognuno di noi ha il diritto di pensare quello che vuole. Ognuno di noi ha diritto di scegliere la religione che vuole, l'ateismo, l'angosticismo, il politeismo, ecc. perchè è una zona dove non esiste possibilità di dimostrazione. E invece quante cose i nostri antenati e noi oggi facciamo in nome di un'idea indimostrabile.

380 d. C., lo sapete, l'editto di Teodosio, religione cattolica religione di Stato. E cominciano a buttar giù tutto... quello che adesso sta facendo l'ISIS con i monumenti, i musei l'hanno fatto i nostri antenati dal 380 in poi. Quante cose tremende si possono fare col principio di coerenza sociale. Il gruppo!

Bergoglio comincia a dire cose nuove. Io sono nato nel 1942, mia madre era presidente delle giovani di azione cattolica del paese, ricordo che c'era stata la scomunica dei comunisti. Se andate a leggere quel documento storico dice: si scomunica "perchè il comunismo distrugge i principi della vera religione". Oggi per fortuna questo è superato e Bergoglio dice molto chiaramente: "ogni religione ha in sè il seme del fondamentalismo". Quindi sta dicendo in qualche modo che non esiste una religione vera. Abbiamo diritto ognuno a scegliere quella che ci va bene perchè ci dà qualche risposta alle domande fondamentali, ma sapendo che è una nostra scelta, non è frutto di una prova dimostrata.

Ancora principio di coerenza sociale. Pensate anche al mondo della tifoseria, ai tifosi; pensate quante cose fanno anche i fans di un gruppo musicale; a cosa fanno di splendido anche alcuni gruppi di giovani come quelli che ci sono qui a Res Publica; e poi a quanti disastri possono fare altri gruppi come quelli che hanno sfondato la vetrina di una di voi; e così via. Principio di coerenza sociale, quindi atti vandalici, ma anche cose molto belle. E' l'importanza di saper scegliere il gruppo da frequentare e di saper cambiare gruppo se qualcosa non riusciamo a farla funzionare bene.

Si tratta di come riuscire ad utilizzare questo bisogno che abbiamo di riconoscerci in un ambiente, in un clima sociale. Forse nessuno di noi si troverebbe bene se andassimo in Arabia e lì vivessimo col nostro back ground, con la nostra struttura, con la storia che abbiamo alle nostre spalle. In quel mondo, in quell'ambiente sociale dove ad esempio le donne sono riuscite a votare solo in questi giorni, ma con enormi difficoltà, ecc.

Per provare a dire il tutto con una parola sola direi: l'esempio è fondamentale!

Nel principio di coerenza sociale è importante anche un altro aspetto. Quando noi ci troviamo in difficoltà. Quante volte vi sarà capitato di vedere una persona lì sdraiata per terra e non vi siete fermati, nessuno si è fermato a vedere se aveva bisogno o meno. Se foste stati da soli forse vi sareste fermati, ma vedete che nessuno si ferma e per il principio di coerenza sociale tirate dritto anche voi. Tenete quindi presente che se avete bisogno evitate di dire "qualcuno mi aiuti". No! Perchè "qualcuno" non vuol dire niente. Ricordatevi di rivolgervi direttamente ad uno dei presenti ad uno specifico dei passanti e dire "tu, chiama il 118". Tu! Perchè altrimenti col "qualcuno" tutti si guardano e nessuno si muove. Tu!

E lo stesso per il principio di coerenza sociale è molto importante quando qualcuno ci dice: ma quello la pensa così, ma cosa dirà quello, cosa dirà l'altro, ecc. Se siamo attenti riusciamo a fare un passo di lato e dire: ma tu cosa pensi? Cioè aiutare la persona, e anzitutto noi stessi, a prendere la giusta distanza dal principio di coernza sociale, guardarci un attimo dentro, aiutare l'altro a guardarsi un attimo dentro e riuscire a dire: sì, quello dice così, l'altro dirà forse così, ma fermiamoci un attimo e, tu, cosa pensi, tu, come vedi la cosa?

E ora un altro principio, il principio di simpatia. Questo è usato a piene mani nella pubblicità. Usare dei testimonial, usare degli attori che piacciono. E che non sono mai scelti a caso, ma sono scelti dopo aver fatto delle ricerche su vari personaggi e contattando quello che le ricerche indicano come il più accattivante per l'immagine che si vuol dare di quel prodotto specifico.

Come usare in positivo il principio di simpatia? La parola simpatia possiamo tradurla anche con empatia, con feeling. Si comunica meglio quando scatta il feeling. E qui abbiamo il problema di creare feeling. Questo è un problema enorme ad esempio nella classi, è un problema enorme nelle famiglie, per creare intesa invece che divisione, scontro. E' un problema molto grosso. E molto difficile. Bisogna ascoltare molto. E ricordarci che noi abbiamo due orecchie, abbiamo due occhi e una sola bocca. Quindi dobbiamo ascoltare molto, osservare molto e parlare solo la metà rispetto all'ascoltare e all'osservare. Fare quello che noi chiamiamo ascolto attivo. Cioè uscire dalla trappola che il mio modo di vedere la vita e il mondo sia quello giusto. Una trappola in cui è facile cascare.

Qui ci sono tante persone, ci sono tante teste, ci sono tante esperienze diverse. Possono essere tanti modi di pensare. E io posso trovare il modo per viver bene in classe, in famiglia, con gli amici, nella coppia, solo se ascolto e osservo molto. E allora potrò accorgermi di molte cose. Se invece, come succede, parlo, parlo, parlo, e non osservo, non ascolto, è molto facile che caschi nella trappola di pensare che sono io quello che ci vede bene, quello che sa come va il mondo. E questa è una trappola che non crea simpatia, non crea empatia, assolutamente.

Un altro principio: principio di autorità. Quante volte ci scopriamo a dire o a sentire nelle presentazioni: l'avvocato tal dei tali, lo pscologo tal dei tali, l'insegnante, il dirigente, ecc. Torniamo all'humus: nessuno di noi è più su, più in alto di un altro, assolutamente. Questa è una cosa difficilissima, ma nella nostra esperienza di psicologi è fondamentale, siamo tutti con ruoli diversi e nessuno ha un ruolo più importante, nessuno. Se ci pensate è molto difficile che troviate qualcuno che dica semplicemente "io sono ..." aggiungendo semplicemente il nome senza il ruolo, il titolo. Io sono Franceso, Giovanna, ecc. e faccio il tal tipo di lavoro, faccio lo psicoterapeuta, come tu fai il piastrellista, come tu fai il presidente, come tu fai il calzolaio, come tu fai lo studente, ecc. ecc. Tutti i ruoli sono con pari dignità e abbiamo bisogno di tutti i ruoli, ma con chiarezza sulla pari dignità di tutti.
Il principio di autorità. Chi è andato a scuola prima del 1968 ricorda che era fortemente presente allora, nelle scuole e nella società. Il movimento del 1968 ha rotto il principio di autorità, che però è ritornato in altri modi. E' stata allora una rottura estremamente importante. Trovare un equilibrio dopo quella rottura è difficile e non ci siamo acora riusciti. Il nodo è questo: il riferimento all'humus. Siamo tutti con la stessa origine, siamo tutti terra, tutti torniamo alla terra, siamo tutti necessari l'uno all'altro, tutti con ruoli diversi. Le stringhe delle mie scarpe non le ho fatte io. Tutti con uguale dignità.

Finiamo col principio di scarsità. Abbiamo visto l'esempio del nostro amico che non riuscendo a vendere un articolo lo faceva sparire per una settimana e poi lo esponeva a prezzo maggiorato scrivendo "offerta speciale". Speciale per lui, ma non certo per i clienti.

Potremmo dire molto. Ad esempio il proibizionismo ha sempre dovuto fare i conti col principio di scarsità creato proprio dal proibizionismo in modo sbagliato. Basta proibire una cosa per far scattare il desiderio di averla, di provarla proprio perchè proibita. Il principio di scarsità. Anche la liberalizzazione può non ottenere i risultati che si vorrebbero, e allora si va verso una via intermedia allo scopo non di risolvere i problemi, ma semplicemente di limitare i danni. La legge sulle droghe leggere nasce in quest'ultima logica.

Per concludere: cosa possiamo fare? Nella nostra storia abbiamo qualcosa di molto prezioso nelle nostre cellule da 3 miliardi e 800 milioni di anni. Non vi è mai capitato di trovarvi in una delle situazioni che ho cercato di descrivere e sentire dentro di voi come un allarme? Lo ascoltate e vi salvate. Se però lo mettete da parte e ad esempio fate l'acquisto, o dite quella frase, o tacete, sentite di avere sbagliato. Vi è mai capitato? E poi di capire di aver sbagliato a non ascoltare le prime snsazioni? Siate molto attenti ai segnali delle vostre cellule, sappiate fermarvi, allenatevi a fermarvi. Le vostre cellule vi stanno trasmettendo un messaggio, stanno dicendo: attenzione c'è un tranello. E una volta che avete scoperto il tranello, che potrebbe essere dentro uno di questi principi che abbiamo visto, chiedetevi: come faccio ora ad utilizzare questo principio in positivo, quindi non per fregare la gente, ma per crescere io e aiutare a crescere?

Forse, se fate questo esercizio di ascoltare il vostro corpo, le vostre sensazioni cosa vi dicono, forse troverete la risposta e farete dei passi avanti nelle relazioni, nella vostra vita.

ALCUNE LETTURE UTILI PER APPROFONDIRE ED ESERCITARSI

  • "Le armi della persuasione" di R.B. Cialdini, ed Giunti (€ 11,36)
  • "I persuasori occulti" di V. Packard, ed. Einaudi (€ 12)
  • "Fuga dalla libertà", di E Fromm, edi. Mondadori (€ 10)
  • "L'obbedienza non è più una virtù", di don Milani, download gratis su www.liberliber.it

Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia
www.gianluigipirovano.it il sito dove spiego le tecniche che amo
www.gianluigipirovano.blogspot.it il blog dove esprimo i miei pensieri sulla vita
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sabato 29 ottobre 2016

158- PAROLE CHE UCCIDONO, PAROLE CHE AIUTANO A CRESCERE Seminario di psicologia pratica "in un'ora" 2: Parole che uccidono, parole che aiutano a crescere (Testo. L'audio dei vari seminari lo trovi su Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia)


Seminario n°2

PAROLE CHE UCCIDONO, PAROLE CHE AIUTANO A CRESCERE
(scuola, lavoro, famiglia, coppia, amici)


Seminario tenuto presso Res Publica, Alghero, lunedì 30 novembre 2015
Tutti i seminari sono anche su Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia



TRACCIA

  1. Partiti dal senso di sè, autostima, visualizzazioni del posto sicuro e della galleria personale
  2. Sto bene con me stesso: è la base per rapportarsi "bene" agli altri
  3. Altrimenti "proiettiamo" paure, tensioni, ansie, timori, rabbia...la nostra vita
  4. La visualizzazione "Io valgo"........aiuta a produrre rapporti equilibrati
  5. Coltiva la tua autostima e si affievolirà il bisogno di giudicare
  6. Linguaggio verbale (7%), paraverbale (38%) e linguaggio del corpo (55%)
  7. I neuroni specchio (Rizzolatti): ognuno specchia l 'ambiente e ne è irretito se non ne ha consapevolezza
  8. Laborit e l'elogio della fuga
  9. Gli altri dicono...e tu cosa pensi? (incoraggiare un sistema personale di giudizio)
  10. Ti amo per quello che sei, per la persona che sei, indipendentemente dagli errori e dai risultati, dai successi o dagli insuccessi
  11. Siamo ..4.. in famiglia: ogni mattina ognuno "va al lavoro". Così costruisco pari dignità
  12. Art. 147 c.c. Doveri verso i figli: "mantenere, istruire, educare nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni, aspirazioni (siamo tutti diversi)
  13. E' davvero in pericolo? Altrimenti lascialo sbagliare: rispetto dei percorsi di ognuno e crescita per tentativi ed errori
  14. Teenagers e zona prefrontale
  15. Rimproverare senza ferire: "sbagli", non "sei sbagliato"
  16. Mai confrontare l'altro con i tuoi successi: ognuno è diverso
  17. Esercizio: la galleria personale (coi vostri gusti, hobbies, capacità, inclinazioni, ecc.)
  18. Separa l'intenzione della persona dal suo comportamento
  19. Rosenthal e l'effetto Pigmalione
  20. Il linguaggio del'io: dai parole alle emozioni, a ciò che provi
  21. Esercizio: Io valgo ...
                                      TRASCRIZIONE DEL SEMINARIO

Oggi cambiamo argomento, ma vi accorgerete, man mano che i seminari vanno avanti, che i conceetti fondamentali sono in realtà pochi. Li arricchiamo di tanti contorni, ma vi accorgerete poi, che tutto parte da pochi concetti fondamentali.

Oggi il tema sono le parole: le parole che aiutano a crescere e le parole che uccidono.

Immagino e penso che sia esperienza di ognuno quella di sentirsi dire qualcosa e sentire come una pugnalata dentro. E magari la persona che ci ha detto quella frase neanche se ne accorge. Anzi credeva di dire una cosa utile. Invece ci ha pugnalato. Altre volte per fortuna ci si dicono parole, frasi, che ci fanno star bene, che ci danno sollievo.... è bello!

Qui siamo in tanti. Ognuno di noi è diverso. Ognuno di noi ha diversi modi di reagire. La stessa parola detta a me può aiutarmi, la stessa parola detta a te può farti male. Perchè? Perchè ognuno di noi ha alle spalle una storia diversa, dei genitori diversi, degli amici diversi, uno sviluppo ormonale diverso. E davvero questo è fondamentale: rendersi conto, avere consapevolezza
che ogni reazione dipende enormemente da noi, dalla nostra situazione intima. L'altro giorno, per aiutarvi a capire questo concetto, mi chiama un'amica. Ha piovuto tanto nei giorni scorsi, e così la prima cosa che mi dice è "accidenti che brutto tempo!" Io sorrido al telefono e dico "Sai, il tempo che conta è quello che abbiamo dentro!" Capite che già da queste prime parole il tema del senso di sè è fondamentale. Quella che viene chiamata anche autostima.

Per chi c'era al seminario scorso ricorderete che abbiamo fatto tre esercizi. Il primo è stato quello del "posto sicuro": vi ho aiutato a cambiare zona cerebrale. Mi spiego. Questi sono seminari di psicobiologia. Oggi abbiamo tante conoscenze in più rispetto al passato. In particolare utilizzando la risonanza magnetica funzionale (Mrf) e altre tecniche di neuroimaging, psicologi e biologi lavorano sempre di più assieme. Attraverso la Mrf riusciamo a vedere cosa succede nel nostro cervello mentre pensiamo, ad esempio, ad una persona cara, o mentre ci arrabbiamo e così via. E ci rendiamo conto che nel momento in cui io sto male, se mi collego all'esercizio del "posto sicuro" dello scorso seminario.... c'è una parte del nostro cervello, immaginatene una qualsiasi....se noi ci concentriamo su una cosa negativa... è molto difficile venirne fuori, bisogna lavorarci molto. Con l'esercizio del "posto sicuro" vi ho aiutato, ho cercato di aiutarvi a portare l'attenzione ad un momento bello della vostra vita. Cioè a mettere in atto invece che quella zona del cervello con pensieri negativi, un'altra zona con pensieri positivi. E nel momento in cui metto in atto un pensiero, un ricordo bello, mi ci immergo, aumento i colori, metto la musica che mi piace, automaticamente l'altra zona del cervello per la quale non stavamo bene, lentamente si tacita, non lavora più. In questo modo io, se ho ansie, preoccupazioni, ecc. e resto concentrato su quello, sto male. Ma se riesco ad andare verso atteggiamenti positvi, ricordi positivi.. con l'esercizio del "posto sicuro", posso provare a cambiare. E' certo un lavoro, richiede allenamento.

Cosa fa lo psicoterapeuta? Nel seminario precedente vi ho chiesto: sapete la distinzione fra psichiatra, psicologo e psicoterapeuta? Vi avevo detto, per chi non c'era, che lo psichiatra fa medicina e poi fa la specializzazione in psichiatria ed è lo specialista dei farmaci che interagiscono col nostro cervello; lo psicologo fa cinque anni di psicologia, poi può insegnare psicologia, può andare nelle aziende nella gestione del personale, e così via, ma non ha gli strumenti per aiutare le persone, perchè bisogna che faccia altri quattro anni di specializzazione in psicoterapia.

Cosa fa lo psicoterapeuta? Ascolta la persona, cerca di capire cos'ha fatto quella persona per venir fuori dai problemi che pone, perchè la prima cosa è vedere quali sono le risorse che ha utilizzato. Non ce l'ha fatta, e allora per prima cosa lo psicoterapeuta deve avere molto chiari i tentativi che la persona ha messo in atto e che non hanno funzionato, e metterli da parte: non hanno funzionato. E deve avere la capacità di inventare qualcosa, facendo ricorso alle conoscenze e all'esperienza, qualcosa che aiuti la persona a fare altro, anche di piccolo, ma diverso da prima, per aiutare ad incamminarsi verso l'obiettivo che la persona desidera.

Se voi andaste una sera dove c'è tanta gente, se foste una piccolo insetto che vola, vi accorgereste, ascoltando la gente, quanti panni si tagliano: nel 90 % dei casi i discorsi in piazza sono di critica! Perchè? Quando una pesona non è serena dentro di sè, nessuno glie ha inseganto ad avere il "bel tempo" dentro di sè, partono dei meccanismi di cui ognuno di voi ha sentito parlare, partono mecanismi di rimozione, di proiezione. Ognuno di noi vuole star bene, questo è il desiderio di tutti, ma se non ha coltivato questo desiderio, se non gli è stato possibile coltivarlo dentro, se nessuno glielo ha insgnato, cosa ottiene tagliando i panni addosso alla gente? Ottiene una cosa stranissima: se critico vuol dire che io sono un po' migliore, vuol dire che, sì, non sono in mezzo a gente che è perfetta. Scatta questo meccanismo che chiamiamo di proiezione sugli altri della nostra insicurezza, del nostro non star bene, della nostra difficoltà ad affrontare le cose. Mal comune mezzo gaudio?

Più invece coltiviamo il senso di sè, meglio stiamo. E ora entraiamo nel mondo delle parole.
Le parole! Ma la stessa parola può essere detta in modi diversi. Il linguagio verbale, le parole, pesano per il 7% circa. Mi direte: ma davvero? davvero così poco? Sì, perchè ciò che conta
è quello che chiamiamo paraverbale, e conta per il 38% circa. Cos'è il paraverbale? E' il tono, l'inflessione, il ritmo, le pause, gli accenti. E' molto diverso se arriva il marito, arriva il figlio, la figlia, la moglie, l'amico, ecc.e dico un secco e freddo "ciao", è molto diverso se dico "Ciaoooo!!!!" . Come è molto diverso un semplice ciao e un ciao con un abbraccio! E con l'abbraccio arriviamo al "non verbale". Verbale, paraverbale e non verbale. Il non verbale è tutto il resto, l'atteggiamento del nostro volto, del nostro corpo, dei nostri occhi, ecc.: è il 55%, è il linguaggio del corpo! Quindi da questo momento quando diremo "parole" intenderemo sempre questo insieme di verbale, paraverbale e non verbale.

Direte: ma io sono stato gentile, ho salutato. Ma sapete ora quanti modi diversi esistono per salutare, pur usando le stesse identiche parole. Buona sera; buona seeraaa!; Buona Seeraaaa!!!!! Sulla traccia trovate scritto: coltiva la tua autostima e si affievolirà dentro di te il bisogno di giudicare. L'autostima è fondamentale per essere sereni nei confronti dei genitori, degli insegnanti, dei figli, degli amici, del partner, ecc. Qui ci sono anche degli studenti. Riuscire in classe a distinguere il verbale, il paraverale, il non verbale dell'insegnante, che può aver litigato a casa, che può avere il mal di pancia, può avere uno squilibrio che fa fatica a gestire. Invece di entrare in crisi e dire "accidenti oggi va male", posso allenarmi a distinguere e a dire a me stesso "è un problema suo e io adesso mi concentro sul mio positivo, sulle cose che ho studiato" e cerco, al di là dell'atteggiamento dell'insegnante in questo caso, ma può avvenire coi genitori, con gli amici, ecc., cerco di essere lì, con la schiena dritta, col mio star bene con me stesso. In quel momento io posso riuscire a sorridere rispetto alle difficoltà che tutti abbiamo ad essere ben relazionati. Quindi più coltivo la mia autostima, più sto bene, più ho il bel tempo dentro, più lavoro per avere il bel tempo dentro di me, meno avrò bisogno di giudicare. Mi dirò "ha il mal di pancia", "sono situazioni personali", ecc. e camminerò per la mia strada.

Ora, qualche anno fa è successa una cosa molto interessante. Qaulcuno l'ha proposta come premio Nobel. Una scoperta incredibile, nel 1997. Eravamo a Pavia, università di Pavia. Neurobiologia. Professor Rizzolatti. Si studiava la reattività di alcune scimmie, di alcuni loro neuroni. Pausa dopo il lavoro. Le versioni sono due: un assistente comincia a mangiare delle noccioline, oppure un'altra versione dice che entra un allievo che sta mangiando un gelato, e gli strumenti scattano e segnalano che alcuni neuroni della scimmia "stanno scaricando", cioè si sono attivati. Quando un neurone sta lavorando, tecnicamente si dice che "scarica". Un ricercatore, se non capisce qualcosa si ferma e dice: no, voglio capire. Un'altra persona avrebbe detto: va be' , siamo in pausa, lasciamo perdere. Il vero ricercatore invece s'è chiesto: perchè? Vi ricordate, vi ho parlato della risonanza magnetica funzionale (Mrf) e loro la stavano utilizzando. Vedono che i neuroni che avevano scaricato sono quelli che entrano in azione quando mangiamo. Ma la scimmia non stava mangiando. Stava solo osservando chi mangiava. E studia e studia hanno capito che abbiamo dei neuroni importantissimi che hanno chiamato "neuroni specchio". Oggi sappiamo che noi cresciamo e impariamo attraverso i neuroni specchio, riflettendo l'ambiente, le relazioni in mezzo alle quali ci troviamo. L'ambiente in cui cresciamo è fondamentale!. E questo spiega un gran numero delle diferenze che ognuno di noi ha.

I neuroni specchio. Quindi qui emerge una difficoltà: se è così fondamentele lavorare sull'autostima, lavorare ad avere dentro il bel tempo, è chiaro che dobbiamo fare i conti coi nostri neuroni specchio. E a meno che siamo degli dei abbiamo tutti dei problemi e l'ambiente in cui cresciamo e in cui ci specchiamo, ha i suoi problemi e ci determina molto. Dobbiamo fare i conti con tante cose in cui ci specchiamo e che ci aiutano a crescere, e tante altre cose che ci creano continuamente delle difficoltà, degli intoppi: luoghi comuni, modi di essere, atteggiamenti, convinzioni, interpretazioni, giudizi, scelte.

Pensiamo ai presenti: qui abbiamo tutte persone nate più o meno in Sardegna, o in continente. Immaginate se io stessi facendo questo seminario a Teheran: avremmo persone cresciute rispecchiandosi in tutt'altri ambienti, che fanno i conti con tutt'altri modelli. Con altri problemi di relazione uomo donna, con problemi diversi di libertà, ecc., vi pare?

Tenete presente questo perchè, per richiamare una cosa che abbiamo sottolineato nel seminario precedente acennando a Laborit, perchè se non stiamo bene abbiamo continuamente in noi la domanda "Come faccio a cambiare? Come faccio a realizzare qualcosa di diverso da questo che non mi fa star bene?". Ci troviamo in quella che qualcuno chiama "la zona di confort". Cioè, non sto bene, ma sono abituato a questa situazione. Cosa ci dice Laborit? E' un biologo e ha mostrato che il nostro organismo tende a ripetere le stesse cose. Ve lo ricordo perchè è un concetto fondamentale che ritornerà in questi seminari. Come faccio a decidermi a fare la fatica di cambiare? Ora noi diciamo: se sto bene ben venga la "zona di confort", ma purtroppo Laborit ha mostrato che tendiamo a ripetere anche le cose che ci fanno star male. Perchè scatta dentro di noi un meccanismo che ci fa sembrare così faticoso cambiare, così faticoso provare a cambiare, che alla fine preferiamo la sofferenza nota all'ignoto che potrebbe venire col cambiamento. Laborit scrive "l'elogio della fuga", cioè l'elogio del cambiamento, l'elogio della fuga dai modi comuni di agire, di reagire, dai modi automatici assorbiti dall'ambiente.

Ora vediamo un'altra delle parole che ci possono far bene o che ci possono far male: quante volte ci è capitato di dire "e quello ha detto così, e l'altro ha detto così", o di dire "ma quello ha questo e io no", i luoghi comuni, il cosa dice la gente. Ci capita. Ci capita quando siamo piccoli, ci capita quando cresciamo, ci capita anche da adulti. Qui è fondamentale riuscire a fare il passaggio da "cosa dicono gli altri" a "cosa dici tu, cosa pensi tu".

Facciamo un esempio apparentemente banale: un ragazzo che dice "loro hanno le scarpe firmate e io no". Il genitore molte volte dice "ma vai a quel paese e per le scarpe è importante che ci cammini e stop". Oppure il genitore si pone il problema: "abbiamo i soldi per soddisfare questo, e prendile!". Tutti e due meccanismi erronei, che creano un rapporto fra il ragazzo e il genitore che è pericoloso: qui ci si sta specchiando in un luogo comune, si sta incentivando un luogo comune. Qual'è invece la domanda fondamentale da porre e su cui cercare di lavorare? Tu Francesco, i tuoi amici ti hanno detto che non hai le scarpe firmate, che non hai la maglia così e così, ... certo i tuoi amici, ma senti, "tu cosa pensi?"

Aiutare fin da piccoli a cercare un proprio pensiero, ma è un lavoro che dobbiamo fare anche da grandi perchè quante volte ci scopriamo a dire: cosa dirà questo, cosa dirà quello. Ed è questo il problema. Aiutarci e aiutare chi è in relazione con noi. Fermiamoci un attimo, riflettiamo, chiediamo e chiediamoci: tu che cosa pensi?

Andiamo avanti a rilfettere su altre parole. Ecco un altro errore che facciamo con le parole: quante volte diciamo a qualche amico, a qualche ragazzo, a qualche adulto, ecc. "Ma cosa hai fatto, ma non sei capace di fare niente, sei un imbecille". Lo diciamo al figlio, all'amico, all'alunno, ecc. E ci scappa questo tipo di atteggiamento: negare l'altro per qualcosa che ha fatto, che ha detto, che non ha fatto, che non ha detto, ecc. Qual'è il messaggio di cui invece abbiamo bisogno? Trovare delle parole, un gesto, dei toni che dicano: hai sbagliato, ma non sei tu ad essere sbagliato, "hai sbagliato", non invece "sei sbagliato" , "ti amo qualsiasi sia il risultato anche dei tuoi errori". Riflettimo su questa cosa: ti voglio bene, questa cosa è sbagliata, ma tu, tu sei una persona che ha valore, tu sei unico, irripetibile, qui hai sbagliato, ma non sei sbagliato.

E' una parola, una frase che ci sentiamo dire o che alle volte diciamo anche a noi stessi. Invece di stare a quel fatto specifico annulliamo tutta la persona o ci annulliamo. E' importante invece trasmettere il valore unico e irripetibile che ognuno ha, al di là della inevitabile possibilità di errore di ognuno. Io ti voglio bene, io ti amo, tu vali, è questa cosa che è sbagliata. Il distinguere il qui e ora ed evitare l'errore di generalizzazione: da un intoppo, che c'è, che va esaminato, si generalizza e tutta la persona diventa negativa ai nostri occhi, o noi stessi diventiamo negativi ai nostri occhi.

Noi non vogliamo questo, ma inconsapevolmente lo facciamo, e se ci ascoltiamo ci possiamo accorgere che coi gesti, coi toni stiamo indebitamente generalizzando un errore, uno sbaglio, una negatività. E forse stiamo proiettando un nostro disagio, una nostra difficoltà ad accettarci. Io distruggo una pesona perchè sto proiettando un'insoddisfazione, perchè non ce la faccio a coltivare il bel tempo dentro di me. E scarico tutto questo sull'altro svalutandolo o contro me stesso autosvalutandomi, e non me ne rendo conto. Provate a pensarci, quante volte vi è succeso di sentirvi negati per un errore, magari per una stupidaggine, perchè la persona con cui state interagendo in quel momento non ha quell'equilibrio che la fa star bene, e allora scarica sull'altro le proprie tensioni, inconsapevolmente. Solo se abbiamo un buon equilibrio riusciamo a non farci toccare da queste generalizzazioni. E magari ad usarle come dei fedback, come occasioni di riflessione, di elaborazione, di crescita.

E' importante che qui ci diciamo, per chi è genitore, per chi vorrà diventare genitore: questo è il mestiere più difficile al mondo! Hai questa responsabilità fondamentale di costruire la capacità di relazione, di fare da specchio (ricordate i neuroni specchio). Gli errori sono continui e sono nel 99,9% errori in buona fede. E le parole che i figli indirizzano ai genitori sono ancor più un problema perhè il figlio ha meno esperienza, meno storia, meno conoscenza.

Ma chi è figlio e non è più un bambino provi a riflettere e a dirsi che è molto importante che anche lui si alleni a capire lo squilibrio che nota nel proprio genitore. Un lavoro difficilissimo, sia per il genitore che per il figlio, ma fa crescere, fa crescere molto. Sapersi fermare invece di ribattere, di continuare la battaglia. Credo sia esperienza di ognuno: colpo su colpo, colpo su colpo e tutti staranno male, genitori, figli, insegnanti, alunni, amici, partner.

Altre parole. Inanelliamo una serie di parole che fanno star male. Il silenzio, cioè le parole non dette! Prendiamo una famiglia con padre, madre e due figli. Un errore al quale è importante che cerchiamo di fare attenzione è quello di considerare lo studio dei figli come qualcosa di diverso dal lavoro dei genitori: i genitori vanno a lavorare, hanno i loro impegni, c'è chi si occupa della casa, ecc. I figli invece devono studiare. Io suggerisco di impostare così: siamo 4 in famiglia, ogni mattina simo in 4 che andiamo a lavorare. Non so quante famiglie usano questo modo di comunicare fin da piccoli. Il lavoro di un bambino è giocare, e poi diventa andare a scuola e il tempo del gioco diminuisce, ma non si annulla mai, per tutta la vita. Il suggerimento è quindi: non chiamatelo studio, ma lavoro, che si fa a 5 poi a 10 poi a 15 poi a 30 anni e così via. E' con quel lavoro che anche il figlio si guadagna le scarpe, il vestito, il cibo, la casa, ecc.

Lavoro è la parola non detta, lasciata nel silenzio. Se questa parola viene detta fin da subito, se è chiara dentro i genitori, diventa diverso il modo di reagire, e i figli si rendono conto che, se non lavoro e ho le scarpe, la giacca, la casa, sto rubando. Io credo che vada esplicitato in ogni famiglia: siamo in 4 e ogni mattina, qualunque sia l'età, in 4 si va a lavoare. In questo modo non c'è più il "devi studiare, devi, devi...", ma si crea una situazione. Queste sono le parole non dette, che io non sento mai.

Altre parole: come rimproverare senza ferire, senza negare la persona. Stai sbagliando invece di: sei sbagliato. Dobbiamo dirlo con le parole, con il paraverbale e col non verbale, col linguaggio del corpo. Deve passare l'affetto, l'interesse, la valorizzazione della persona che ho davanti e che io per dovere, per ruolo, per amicizia, dico: carissimo, hai sbagliato, però non sei sbagliato, tu vali, tu puoi cambiare, puoi modificare il tuo agire. Se ti risponde: no, io la penso diversamente. Ok, ci si ferma, a meno che ci sia un rapporto di responsabilità adulto-ragazzo, dove l'adulto deve prendere delle decisioni. Fra adulti il fermarsi e parlarsi chiaro senza negarsi il reciproco valore, è fondamentale, dicendo chiaramente "stai sbagliando", però subito e con tutto il linguaggio del corpo: "tu vali, tu sei capace". Trasmettere attraverso il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale questo messaggio aiuta tutti a crescere.

Più siamo giovani più è difficile fare questo e alle volte ci sentiamo negare il nostro valore di fronte a un errore, di fronte ad un compito che è andato male, di fronte ad un'interrogazione che è andata male, di fronte ad una partita persa, di fronte a qualcosa che è andato storto. Tante volte ci sentiamo negare il nostro valore, invece che sentire che c'è qualcuno che ci vuol bene e che ci dice: secondo me qui c'è qualcosa che non va, ma tu vali, e puoi, secondo me, riuscire a venirne fuori.

Un altro errore che facciamo con le parole: non vi è mai capitato di sentirvi dire com'è brava la zia a fare questo e tu invece; guarda tuo padre come ...; guarda il tuo compagno come fa bene... Mai fare paragoni. Da un punto di vista psicologico è un errore enorme. Ognuno di noi è diverso. Ognuno di noi ha la propria storia. Guardate: il nostro codice civile ha un articolo che è il 147, che è un capolavoro dal punto di vista psicologico. Ogni tanto vien fuori qualcosa di splendido dal codice. Parla dei doveri verso i figli e dice così: mantenere, istruire, educare "nel rispetto delle loro capacità (siamo tutti diversi), inclinazioni (siamo tutti diversi), aspirazioni (siamo tutti diversi)".

Quante volte ognuno di noi si è sentito paragonare al padre, alla madre, allo zio, alla zia, al compagno, alla compagna. L'articolo 147 ci dà una chiave, ci dice che ognuno è diverso. Metti l'occhio, osserva, quali sono le inclinazioni, le aspirazioni, le capacità. Ciò che conta non è quello che io voglio che tu faccia, che tu diventi, che tu sia: sarebbe un meccanismo di proiezione dei desideri miei. Cioè proietterei i miei desideri su quella persona, senza rendermi conto di quanto vale l'unicità e irrepetibilità di una persona. La spingo a fare il mio tappetino invece che ad essere e a costruire se stessa in modo personale.

E qui viene il tema di quando vediamo, secondo noi, un errore. Ci rendiamo conto che la persona che ci è amica sta sbagliando: fermatevi, date la possibilità alle persone alle quali volete bene, date loro la possibilità di sbagliare. A meno che si trovi su un precipizio, allora la tiri via. Ma è attraverso tentativi ed errori che si sviluppa la personalità di ognuno di noi. Non è facendo di tutto per normalizzare i nostri figli, i nostri alunni, i nostri amici, i nostri partner. E più lavorate ad avere bel tempo dentro di voi, più vi sarà possiile fare questo lavoro di osservazione e di rispetto.

Sono un mare di anni che faccio psicoterapie e ho visto un mare di persone: non ci sono modelli vincenti, ci sono i modelli di ognuno. Io ho un mio modello, ma guai se io, di fronte ad una persona che viene da me, a fare una chiacchierata con me, lavorassi ad imboccare il mio modello. Mi impoverirei in maniera incredibile. Ho visto un mare di modelli i più diversi, apparentemente incompatibili, ma il problema è: la persona sta bene? Ce la fa? E' felice? Sta normalmente bene? Basta, non tocco niente. Vado a lavorare a quel pezzetto sul quale la persona mi chiede una chiacchierata, un parere, un aiuto. Quindi osservare, evitare di spaventarsi di fronte a qualcosa che ritenete uno sbaglio, un errore dal vostro punto di vista. Ad esempio un bambino: lasciatelo cadere, poi si rialza, impara. Lasciatelo sporcare invece che "No! Si sporca il vestito! No, lasciate che si sporchi: impara. Attraverso tentativi ed errori noi cresciamo, attraverso tentativi ed errori ognuno di noi può trovare la propria strada, unica ed irripetibile.

Se ha di fronte a sè, ai suoi neuroni specchio, dei meccanismi di omologazione, nessuno saprà chi è quella persona, nessuno lo potrà mai sapere perchè avrà fatto man mano da tappetino qui, da tappetino là, ripetendo schemi omologanti e basta. Si sarà chiesto continuamente_ cosa penserà questo, cosa penserà quello, ma dimenticando di chiedersi cosa pensa lui!

Qual'è la persona più importante al mondo per te? Quando io faccio questa domanda le risposte sono in genere: mio figlio, mia madre. Io sorrido e dico: sei tu, perchè se tu perdi te stesso, cosa se ne fa tuo figlio di un te che non c'è? Cosa se ne fa tua madre di di un te che non c'è? Sei tu la persona più importante al mondo per te, solo tu puoi mostrare al mondo chi sei, solo tu puoi governare te stesso, usare le parole, il paraverbale, il non verbale che esprime chi sei tu Francesco, chi sei tu Giovanna, chi sei tu, tu, tu ... Altrimenti nessuno saprà mai chi sei. E sarai l'appendice di tuo figlio, l'appendice di tua made, l'appendice del tuo amico, della tua amica, l'appendice di... Perderemo al mondo l'occasione di sapere chi sei tu, o tu, oppure tu,....perchè vedremo solo il tappetino, vedremo solo qualcuno che si muove in base a "cosa dirà questo, cosa dirà quello, ..."

Io direi a questo punto di fare un esercizio perchè dopo tutte queste cose ci può essere utile fermarci e fare l'esercizio della galleria personale, che abbiamo visto nel seminario scorso sul burnout. Vi chiederò, per chi lo vuol fare, di mettervi comodi, chiudere gli occhi, fare un bel respiro, e poi ascoltare semplicemente quello che vi dirò.

Esercizio della galleria personale

Mettetevi comodi, chiudete gli occhi, chi lo vuol fare, chi lo desidera. Portate l'attenzione al vostro respiro, e fate un bel grande respiro. Prendete tutto l'ossigeno che potete e portate l'attenzione al vostro respiro, alla vita che avete dentro di voi, è la vostra vita, è la tua vita, unica e irripetibile.
E mentre ascolti la tua vita, unica e irripetibile, in questo momento vai a dei ricordi belli, positivi. Possono essere momenti in cui eri da solo, possono essere momenti in cui eri con altre persone, magari eri al mare, o in un bosco, o eri in una casa. Fatevi una serie di quadri di momenti belli. Possono essere quadri o possono essere dei filmati. Una galleria personale di cose che quando vi mettete in quella situazione, quando vi immergete in quelle situazioni, ah! vi si allargano i polmoni, state bene.
Immergetevi in questi quadri, in questi filmati. Ora aggiungete colore, i colori che vi piacciono, ravvivateli. Aggiungete luce, se vi piace. Magari metteteci anche la musica che preferite. E state lì a godervi tutto questo, godetevelo, coltivatelo dentro di voi, e state lì tutto il tempo che volete. State lì a gustarvelo e a rafforzare dentro di voi la vostra capacità di star bene.
E aprirete gli occhi quando vorrete.

Vediamo ora un'altra cosa importante delle nostre parole. Dicevo prima che fare i genitori è il mestiere più difficile al mondo. Non avendo dei genitori divini, perchè non è possibile, partiamo dal presupposto che tutti gli errori che fanno li fanno in buona fede. Li hanno fatti sbagliando, ma credendo che quella fosse la strada giusta. Cosa significa questo? Che è importante nelle nostre parole distinguere ancora una volta la persona dall'intenzione, distinguere ciò che fa una persona, dall'intenzione. Uno può fare delle cose sbagliatissime, e farle con buona intenzione. E io penso che il 99,9% di genitori, insegnanti, persone che hanno responsabilità di altre persone, fa degli enormi errori, ma convinti che è così che bisogna fare. Succede agli adulti, ma succede anche ai ragazzi, ai giovani, ad ogni età.

Ora nel parlare con le persone, se voi tenete presente questo, potete trovare una strada per venir fuori da questa trappola. Un genitore che sbaglia: non mi metto a controbattere, se me ne rendo conto, ... certo, più siamo piccoli, più è difficile, più siamo adulti e più abbiamo possibilità di riflettere, fermarci. Accidenti,....sta muovendosi in maniera sbagliatissima, però crede di far bene... un attimo, cosa posso fare? Così si può aprire la possibilità di una via per venirne fuori. Se mi metto sullo stesso piano e mi metto a ribattere non se ne viene fuori, soltanto ci si nega l'un l'altro, si nega ciò che di più prezioso abbiamo, la nostra unicità, la nostra diversità. Quante volte nelle nostre parole c'è la negazione dell'altro: sei sbagliato! No (non mi stancherò mai di ribadirlo)!Stai sbagliando e credi di far bene. Solo così c'è la possibilità di trovare una via d'uscita rafforzando il senso di sè, invece che uscirne delusi, depressi, perdendo la motivazione. Evitare di cascare in questo tranello, evitare di cascare nell'incapacità di gestire i nostri neuroni specchio.

Quando siamo piccoli è più difficile. Man mano che cresciamo dovremmo imparare a gestire con la consapevolezza i nostri neuroni specchio. E qui c'è un tema di fondo: la difficoltà a fare tutto questo. Io non vi sto dicendo cose facili, sto cercando di darvi una mano a costruire elmenti di consapevolezza. Si chiamano seminari, sono dei semi. E spero che poi ognuno di voi, a modo proprio, li aiuti a germinare e a crescere allenandosi.

Qui al seminario abbiamo tanti teenagers. Ora, c'è una cosa che purtroppo non viene mai spiegata, io non la sento mai. Noi abbiamo un cervello che ha 100 miliardi di neuroni, ma i neuroni da soli non servono a niente. I neuroni sono molto importanti quando si connettono fra di loro. Noi nasciamo con tutti i nostri neuroni: 100 miliardi, sono lì. Abbiamo una bella testona quando nasciamo, una testona e un corpicino, siamo un po' sproporzionati, poi ci si riequilibra. Lì ci sono tutti i 100 miliardi di neuroni, ma non sono connessi come in una persona che è matura. E tutto il percorso di crescita è dato dallo sviluppo delle connessioni: cento milioni di miliardi di connessioni che si formano man mano che cresciamo. E capire questo è molto importante, per chi è adulto e per chi è teenager. Per l'adulto per capire alcuni comportamenti del teenager, per il teenager per prendere atto del periodo che sta vivendo, senza scoraggiarsi, senza meravigliarsi. Il teenager alle volte ad esempio sbatte la porta o lancia un insulto, e poi si chiede: ma perchè l'ho fatto? Azioni improvvise, sbattimenti improvvisi.

Quando io ero piccolo la maggior età era a 21 anni. Non avevamo ancora la risonanza magnetica funzionale (Mrf). Ma sempre di più psicologi e neurologi hanno collaborato e collaborano con questi strumenti di neuroimaging e oggi sappiamo che aver abbassato la maggior età a 18 anni è sbagliato dal punto di vista della psicobiologia. In alcune nazioni la maggior età è addirittura abbassata a 16 anni. Le connessioni dei nostri 100 miliardi di neuroni raggiungono un equilibrio solo attorno ai 22 anni. In particolare la fascia prefrontale è l'ultima che completa le sue connessioni. Questo ha reso a tutti molto difficile il periodo che trascorriamo da teenager. Qualcuno se lo ricorderà, ma in genere ce lo dimentichiamo, per cui è dificile per l'adulto capire i teenagers. E questa è una delle ragioni importanti per cui i teenagers non si sentono capiti.

I teenagers si trovano in una tempesta che non è soltanto ormonale, quella è una, ma c'è una tempesta cerebrale, connessioni che si formano e finiscono, si formano e si tagliano: anche il nostro cervello va per tentativi ed errori. Per cui è esperienza di ogni teenager è che in alcuni giorni è a cento e altri giorni è a terra, in alcuni momenti spaccherebbe il mondo e in altri momenti non gliene frega più niente di niente, momenti in cui vorrebbe magari addormentarsi per sempre, poi momenti in cui vede l'insegnante con la faccia scura perchè magari ha il mal di pancia, e il teenager pensa che gli vuol male, che non lo considera, mentre forse ha solo un mal di pancia.

Come ne veniamo fuori da questa difficoltà di comunicazione, con quali parole? E qui c'è ua cosa importantissima, quella che noi chiamiamo il linguaggio dell'io: è diverso dire hai sbagliato, sei un imbecille perchè hai fatto quella cosa lì, e dire invece "senti, tu ieri hai fatto questo e questo, e io quando tu hai fatto questo, quando tu mi hai detto questo, io mi sono sentito annullato, schiacciato, negato, ecc.". Un figlio a un genitore, un genitore a un figlio, un insegnante a un alunno, un alunno a un insegnante, una amico ad un amico, un partner al suo partner, ecc. Il linguaggio dell'io. Invece di cadere nella proiezione: invece di proiettare sull'altro tutto ciò che di frustrazione ho addosso, mi fermo e dico cosa provo io quando succede questo e questo, e lo esprimo.

Se io dico hai sbagliato, sei un imbecille, qual'è la reazione? E' quella di autodifesa, e la persona può sempre dire: ti sbagli tu. E' diverso invece dire: quando hai fatto questo, quando hai detto questo, quando hai avuto quel comporamento, io mi sono sentito così e così. Nessuno può dirti che non è vero. E se a quella persona non gliene importa nulla di te avrai pescato comunque nel vuoto, ma se quella persona ti vuol bene (ed è questa la relazione che ci interessa qui), se a quella persona tu interessi e non sentendosi accusata, ma sentendosi dire "quando tu hai fatto questo io non ti dico che hai sbagliato, ma ti dico solo che io mi sono sentito così", questo può cambiare la relazione, può arricchire le persone, può aiutare a fare un passo avanti.

Se un insegnante dice all'alunno "io mi sono sentita così quando tu hai fatto quel ..." e non dice "tu non capisci niente, non combinerai mai nulla di buono, ecc..." è molto diverso! Lo chiamiamo il linguaggio dell'io ed è fondamentale nei rapporti fra adulti e ragazzi, come è fondamentale nelle coppie. Osservate nei rapporti di coppia quante volte vi arrabbiate, vi accusate, vi insultate. Provate ad andare a uno di questi litigi e ad immaginare di applicare il linguaggio dell'io invece di accusarvi. "Senti, ieri tu hai fatto questo e questo, e io mi sono sentito...un niente". Se uno ti vuol bene a questo punto non va all'arrembaggio, perchè non si sente accusato, ma forse si chiede: "accidenti, ma io voglio che questa persona stia male, che si senta un niente?" . E forse parte qualche idea di cambiamento nella relazione. Il linguaggio dell'io!

Siamo ormai alla fine. Avrei ancora tante cose da dire, ma il nocciolo spero di essere riuscito a farvelo arrivare. Per chiudere, per chi è daccordo, per chi lo desidera, ripeterei l'esercizio con cui abbiamo concluso il seminario precedente sul burnout.

Aggiungo solo una cosa: Rosenthal e l'effetto Pigmalione. Un re mitico, Pigmalione, si racconta si fosse innamorato di una splendida statua di donna. Ne era tanto innamorato che ad un certo punto la statua si animò e vissero insieme felici e contenti. Una favola, un mito. Ma Rosenthal, uno psicologo, ha mostrato come usando le parole giuste possiamo incentivare la crescita delle persone, come invece usando altre parole possiamo schiacciare le persone, specialmente i ragazzi. Rosenthal descrive una serie di esperimenti fatti nelle classi scolastiche, che provano questo principio.

Ricordo una ragazza in un liceo, che nel chiedermi una mano mi dice: andavo male in una materia, ma un giorno l'insegnante mi ha preso in disparte in corridoio e mi ha espresso con affetto il suo dispiacere (linguaggio dell'io invece del rimprovero). Da quel momento quella ragazza ha iniziato a prendere bei voti: la forza del linguaggio dell'io espresso con affetto!

E ora, per finire, l'esercizio di autorafforzamento del proprio senso di sè. Vi chiedo di mettervi comodi, di chiudere gli occhi e di ascoltare semplicemente le cose che vi dirò.

Esercizio io valgo.

Chiudete gli occhi, portate l'attenzione al vostro respiro, fate un grande respiro. Il respiro è la vita dentro di noi, è l'ossigeno che permette a tutte le nostre cellule di lavorare. Questi 50 trilioni di cellule che formano ognuno di noi, che non sappiamo perchè, da tanti anni (pochi per alcuni, molti per altri) continuano a collaborare e non sappiamo perchè.
E mentre ascoltate il vostro respiro, la vostra vita, unica e irripetibile dentro di voi, in questo momento immaginate alle vostre spalle i vostri genitori che vi mettono una mano sulle spalle e vi sorridono. Al di là dei loro limiti vi hanno trasmesso la cosa più preziosa che hai: la vita. E ora sai che è tua, è nelle tue mani.
E dietro i tuoi genitori immagina i nonni che ti sorridono. E dietro i nonni immagina centinaia di volti che ti sorridono: sono i tuoi antenati, una catena infinita, lunghissima. Gente che ha lavorato, di generazione in generazione perchè la vita arrivasse fino a te, perchè tu e non un'altra persona, perchè tu potessi fare esperienza della vita.
E forse puoi pensare che in questa catena, in qualunque punto, se quella coppia avesse fatto l'amore un'ora dopo, cinque minuti dopo, tutto da quel punto in poi sarebbe cambiato e tu, tu, tu, non saresti mai esistito. E invece da migliaia di anni tutto avviene perchè tu, tu, tu fossi qui oggi a fare esperienza della tua vita.
E allora , ascoltando la vita dentro di te, immagina di voltarti verso i tuoi genitori, i tuoi nonni, i tuoi antenati, e al di là dei loro limiti, onorarli e ringraziarli per la vita che ti hanno trasmesso, e che ora è tua, unica e irripetibile.
E dopo averli salutati e ringraziati, voltati di nuovo e guarda ora davanti a te, la tua vita, che è nelle tue mani. E mentre ascolti la tua vita dentro di te, immagina di cominciare ad ascoltare una voce che arriva dalla parte più profonda di te, e che dice, forse debolmente all'inizio, ma che potrà rafforzarsi giorno dopo giorno, una voce che dice:

io valgo
io sono ..... (e qui metti il tuo nome)
e sono unica e irripetibile
e giorno dopo giorno
io sono capace
di percepire
e poi percorrere
con equilibrio
la mia strada.

State lì a godervi tutto questo, e la mia indicazione è: fatelo ogni giorno, a rafforzare ogni giorno il vostro senso di sè. Non permettete a nessuno di schiacciarvi. Rafforzate il vostro senso di sè, e più sarete forti dentro di voi, più coltiverete il bel tempo dentro di voi, più vi sarà agevole rapportarvi in modo equilibrato agli altri.


ALCUNE LETTURE UTILI PER APPROFONDIRE ED ESERCITARSI

  • "Le parole per crescere tuo figlio" di A. Roberti, Macro ediz. (€12,90)
  • "Le parole per salvare l'amore" di A. Roberti, Ediz. Mondadori (€ 16)
  • "Le parole per migliorare la vita di chi ami...e la tua! di A. Roberti, ed. Mondadori (€12)
  • "PNL per gli insegnanti" di R. Churches e R. Terry, ed. Alessio Roberti (€ 19,90)
  • "La scuola e l'arte di ascoltare" di M. Sclavi e G. Giorelli (€14)
  • "Capire un adolescente: come cambia il cervello dei ragazzi fra i 13 e i 18 anni" di B. Strauch, ed. Mondadori (€8,80)


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