sabato 29 ottobre 2016

158- PAROLE CHE UCCIDONO, PAROLE CHE AIUTANO A CRESCERE Seminario di psicologia pratica "in un'ora" 2: Parole che uccidono, parole che aiutano a crescere (Testo. L'audio dei vari seminari lo trovi su Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia)


Seminario n°2

PAROLE CHE UCCIDONO, PAROLE CHE AIUTANO A CRESCERE
(scuola, lavoro, famiglia, coppia, amici)


Seminario tenuto presso Res Publica, Alghero, lunedì 30 novembre 2015
Tutti i seminari sono anche su Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia



TRACCIA

  1. Partiti dal senso di sè, autostima, visualizzazioni del posto sicuro e della galleria personale
  2. Sto bene con me stesso: è la base per rapportarsi "bene" agli altri
  3. Altrimenti "proiettiamo" paure, tensioni, ansie, timori, rabbia...la nostra vita
  4. La visualizzazione "Io valgo"........aiuta a produrre rapporti equilibrati
  5. Coltiva la tua autostima e si affievolirà il bisogno di giudicare
  6. Linguaggio verbale (7%), paraverbale (38%) e linguaggio del corpo (55%)
  7. I neuroni specchio (Rizzolatti): ognuno specchia l 'ambiente e ne è irretito se non ne ha consapevolezza
  8. Laborit e l'elogio della fuga
  9. Gli altri dicono...e tu cosa pensi? (incoraggiare un sistema personale di giudizio)
  10. Ti amo per quello che sei, per la persona che sei, indipendentemente dagli errori e dai risultati, dai successi o dagli insuccessi
  11. Siamo ..4.. in famiglia: ogni mattina ognuno "va al lavoro". Così costruisco pari dignità
  12. Art. 147 c.c. Doveri verso i figli: "mantenere, istruire, educare nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni, aspirazioni (siamo tutti diversi)
  13. E' davvero in pericolo? Altrimenti lascialo sbagliare: rispetto dei percorsi di ognuno e crescita per tentativi ed errori
  14. Teenagers e zona prefrontale
  15. Rimproverare senza ferire: "sbagli", non "sei sbagliato"
  16. Mai confrontare l'altro con i tuoi successi: ognuno è diverso
  17. Esercizio: la galleria personale (coi vostri gusti, hobbies, capacità, inclinazioni, ecc.)
  18. Separa l'intenzione della persona dal suo comportamento
  19. Rosenthal e l'effetto Pigmalione
  20. Il linguaggio del'io: dai parole alle emozioni, a ciò che provi
  21. Esercizio: Io valgo ...
                                      TRASCRIZIONE DEL SEMINARIO

Oggi cambiamo argomento, ma vi accorgerete, man mano che i seminari vanno avanti, che i conceetti fondamentali sono in realtà pochi. Li arricchiamo di tanti contorni, ma vi accorgerete poi, che tutto parte da pochi concetti fondamentali.

Oggi il tema sono le parole: le parole che aiutano a crescere e le parole che uccidono.

Immagino e penso che sia esperienza di ognuno quella di sentirsi dire qualcosa e sentire come una pugnalata dentro. E magari la persona che ci ha detto quella frase neanche se ne accorge. Anzi credeva di dire una cosa utile. Invece ci ha pugnalato. Altre volte per fortuna ci si dicono parole, frasi, che ci fanno star bene, che ci danno sollievo.... è bello!

Qui siamo in tanti. Ognuno di noi è diverso. Ognuno di noi ha diversi modi di reagire. La stessa parola detta a me può aiutarmi, la stessa parola detta a te può farti male. Perchè? Perchè ognuno di noi ha alle spalle una storia diversa, dei genitori diversi, degli amici diversi, uno sviluppo ormonale diverso. E davvero questo è fondamentale: rendersi conto, avere consapevolezza
che ogni reazione dipende enormemente da noi, dalla nostra situazione intima. L'altro giorno, per aiutarvi a capire questo concetto, mi chiama un'amica. Ha piovuto tanto nei giorni scorsi, e così la prima cosa che mi dice è "accidenti che brutto tempo!" Io sorrido al telefono e dico "Sai, il tempo che conta è quello che abbiamo dentro!" Capite che già da queste prime parole il tema del senso di sè è fondamentale. Quella che viene chiamata anche autostima.

Per chi c'era al seminario scorso ricorderete che abbiamo fatto tre esercizi. Il primo è stato quello del "posto sicuro": vi ho aiutato a cambiare zona cerebrale. Mi spiego. Questi sono seminari di psicobiologia. Oggi abbiamo tante conoscenze in più rispetto al passato. In particolare utilizzando la risonanza magnetica funzionale (Mrf) e altre tecniche di neuroimaging, psicologi e biologi lavorano sempre di più assieme. Attraverso la Mrf riusciamo a vedere cosa succede nel nostro cervello mentre pensiamo, ad esempio, ad una persona cara, o mentre ci arrabbiamo e così via. E ci rendiamo conto che nel momento in cui io sto male, se mi collego all'esercizio del "posto sicuro" dello scorso seminario.... c'è una parte del nostro cervello, immaginatene una qualsiasi....se noi ci concentriamo su una cosa negativa... è molto difficile venirne fuori, bisogna lavorarci molto. Con l'esercizio del "posto sicuro" vi ho aiutato, ho cercato di aiutarvi a portare l'attenzione ad un momento bello della vostra vita. Cioè a mettere in atto invece che quella zona del cervello con pensieri negativi, un'altra zona con pensieri positivi. E nel momento in cui metto in atto un pensiero, un ricordo bello, mi ci immergo, aumento i colori, metto la musica che mi piace, automaticamente l'altra zona del cervello per la quale non stavamo bene, lentamente si tacita, non lavora più. In questo modo io, se ho ansie, preoccupazioni, ecc. e resto concentrato su quello, sto male. Ma se riesco ad andare verso atteggiamenti positvi, ricordi positivi.. con l'esercizio del "posto sicuro", posso provare a cambiare. E' certo un lavoro, richiede allenamento.

Cosa fa lo psicoterapeuta? Nel seminario precedente vi ho chiesto: sapete la distinzione fra psichiatra, psicologo e psicoterapeuta? Vi avevo detto, per chi non c'era, che lo psichiatra fa medicina e poi fa la specializzazione in psichiatria ed è lo specialista dei farmaci che interagiscono col nostro cervello; lo psicologo fa cinque anni di psicologia, poi può insegnare psicologia, può andare nelle aziende nella gestione del personale, e così via, ma non ha gli strumenti per aiutare le persone, perchè bisogna che faccia altri quattro anni di specializzazione in psicoterapia.

Cosa fa lo psicoterapeuta? Ascolta la persona, cerca di capire cos'ha fatto quella persona per venir fuori dai problemi che pone, perchè la prima cosa è vedere quali sono le risorse che ha utilizzato. Non ce l'ha fatta, e allora per prima cosa lo psicoterapeuta deve avere molto chiari i tentativi che la persona ha messo in atto e che non hanno funzionato, e metterli da parte: non hanno funzionato. E deve avere la capacità di inventare qualcosa, facendo ricorso alle conoscenze e all'esperienza, qualcosa che aiuti la persona a fare altro, anche di piccolo, ma diverso da prima, per aiutare ad incamminarsi verso l'obiettivo che la persona desidera.

Se voi andaste una sera dove c'è tanta gente, se foste una piccolo insetto che vola, vi accorgereste, ascoltando la gente, quanti panni si tagliano: nel 90 % dei casi i discorsi in piazza sono di critica! Perchè? Quando una pesona non è serena dentro di sè, nessuno glie ha inseganto ad avere il "bel tempo" dentro di sè, partono dei meccanismi di cui ognuno di voi ha sentito parlare, partono mecanismi di rimozione, di proiezione. Ognuno di noi vuole star bene, questo è il desiderio di tutti, ma se non ha coltivato questo desiderio, se non gli è stato possibile coltivarlo dentro, se nessuno glielo ha insgnato, cosa ottiene tagliando i panni addosso alla gente? Ottiene una cosa stranissima: se critico vuol dire che io sono un po' migliore, vuol dire che, sì, non sono in mezzo a gente che è perfetta. Scatta questo meccanismo che chiamiamo di proiezione sugli altri della nostra insicurezza, del nostro non star bene, della nostra difficoltà ad affrontare le cose. Mal comune mezzo gaudio?

Più invece coltiviamo il senso di sè, meglio stiamo. E ora entraiamo nel mondo delle parole.
Le parole! Ma la stessa parola può essere detta in modi diversi. Il linguagio verbale, le parole, pesano per il 7% circa. Mi direte: ma davvero? davvero così poco? Sì, perchè ciò che conta
è quello che chiamiamo paraverbale, e conta per il 38% circa. Cos'è il paraverbale? E' il tono, l'inflessione, il ritmo, le pause, gli accenti. E' molto diverso se arriva il marito, arriva il figlio, la figlia, la moglie, l'amico, ecc.e dico un secco e freddo "ciao", è molto diverso se dico "Ciaoooo!!!!" . Come è molto diverso un semplice ciao e un ciao con un abbraccio! E con l'abbraccio arriviamo al "non verbale". Verbale, paraverbale e non verbale. Il non verbale è tutto il resto, l'atteggiamento del nostro volto, del nostro corpo, dei nostri occhi, ecc.: è il 55%, è il linguaggio del corpo! Quindi da questo momento quando diremo "parole" intenderemo sempre questo insieme di verbale, paraverbale e non verbale.

Direte: ma io sono stato gentile, ho salutato. Ma sapete ora quanti modi diversi esistono per salutare, pur usando le stesse identiche parole. Buona sera; buona seeraaa!; Buona Seeraaaa!!!!! Sulla traccia trovate scritto: coltiva la tua autostima e si affievolirà dentro di te il bisogno di giudicare. L'autostima è fondamentale per essere sereni nei confronti dei genitori, degli insegnanti, dei figli, degli amici, del partner, ecc. Qui ci sono anche degli studenti. Riuscire in classe a distinguere il verbale, il paraverale, il non verbale dell'insegnante, che può aver litigato a casa, che può avere il mal di pancia, può avere uno squilibrio che fa fatica a gestire. Invece di entrare in crisi e dire "accidenti oggi va male", posso allenarmi a distinguere e a dire a me stesso "è un problema suo e io adesso mi concentro sul mio positivo, sulle cose che ho studiato" e cerco, al di là dell'atteggiamento dell'insegnante in questo caso, ma può avvenire coi genitori, con gli amici, ecc., cerco di essere lì, con la schiena dritta, col mio star bene con me stesso. In quel momento io posso riuscire a sorridere rispetto alle difficoltà che tutti abbiamo ad essere ben relazionati. Quindi più coltivo la mia autostima, più sto bene, più ho il bel tempo dentro, più lavoro per avere il bel tempo dentro di me, meno avrò bisogno di giudicare. Mi dirò "ha il mal di pancia", "sono situazioni personali", ecc. e camminerò per la mia strada.

Ora, qualche anno fa è successa una cosa molto interessante. Qaulcuno l'ha proposta come premio Nobel. Una scoperta incredibile, nel 1997. Eravamo a Pavia, università di Pavia. Neurobiologia. Professor Rizzolatti. Si studiava la reattività di alcune scimmie, di alcuni loro neuroni. Pausa dopo il lavoro. Le versioni sono due: un assistente comincia a mangiare delle noccioline, oppure un'altra versione dice che entra un allievo che sta mangiando un gelato, e gli strumenti scattano e segnalano che alcuni neuroni della scimmia "stanno scaricando", cioè si sono attivati. Quando un neurone sta lavorando, tecnicamente si dice che "scarica". Un ricercatore, se non capisce qualcosa si ferma e dice: no, voglio capire. Un'altra persona avrebbe detto: va be' , siamo in pausa, lasciamo perdere. Il vero ricercatore invece s'è chiesto: perchè? Vi ricordate, vi ho parlato della risonanza magnetica funzionale (Mrf) e loro la stavano utilizzando. Vedono che i neuroni che avevano scaricato sono quelli che entrano in azione quando mangiamo. Ma la scimmia non stava mangiando. Stava solo osservando chi mangiava. E studia e studia hanno capito che abbiamo dei neuroni importantissimi che hanno chiamato "neuroni specchio". Oggi sappiamo che noi cresciamo e impariamo attraverso i neuroni specchio, riflettendo l'ambiente, le relazioni in mezzo alle quali ci troviamo. L'ambiente in cui cresciamo è fondamentale!. E questo spiega un gran numero delle diferenze che ognuno di noi ha.

I neuroni specchio. Quindi qui emerge una difficoltà: se è così fondamentele lavorare sull'autostima, lavorare ad avere dentro il bel tempo, è chiaro che dobbiamo fare i conti coi nostri neuroni specchio. E a meno che siamo degli dei abbiamo tutti dei problemi e l'ambiente in cui cresciamo e in cui ci specchiamo, ha i suoi problemi e ci determina molto. Dobbiamo fare i conti con tante cose in cui ci specchiamo e che ci aiutano a crescere, e tante altre cose che ci creano continuamente delle difficoltà, degli intoppi: luoghi comuni, modi di essere, atteggiamenti, convinzioni, interpretazioni, giudizi, scelte.

Pensiamo ai presenti: qui abbiamo tutte persone nate più o meno in Sardegna, o in continente. Immaginate se io stessi facendo questo seminario a Teheran: avremmo persone cresciute rispecchiandosi in tutt'altri ambienti, che fanno i conti con tutt'altri modelli. Con altri problemi di relazione uomo donna, con problemi diversi di libertà, ecc., vi pare?

Tenete presente questo perchè, per richiamare una cosa che abbiamo sottolineato nel seminario precedente acennando a Laborit, perchè se non stiamo bene abbiamo continuamente in noi la domanda "Come faccio a cambiare? Come faccio a realizzare qualcosa di diverso da questo che non mi fa star bene?". Ci troviamo in quella che qualcuno chiama "la zona di confort". Cioè, non sto bene, ma sono abituato a questa situazione. Cosa ci dice Laborit? E' un biologo e ha mostrato che il nostro organismo tende a ripetere le stesse cose. Ve lo ricordo perchè è un concetto fondamentale che ritornerà in questi seminari. Come faccio a decidermi a fare la fatica di cambiare? Ora noi diciamo: se sto bene ben venga la "zona di confort", ma purtroppo Laborit ha mostrato che tendiamo a ripetere anche le cose che ci fanno star male. Perchè scatta dentro di noi un meccanismo che ci fa sembrare così faticoso cambiare, così faticoso provare a cambiare, che alla fine preferiamo la sofferenza nota all'ignoto che potrebbe venire col cambiamento. Laborit scrive "l'elogio della fuga", cioè l'elogio del cambiamento, l'elogio della fuga dai modi comuni di agire, di reagire, dai modi automatici assorbiti dall'ambiente.

Ora vediamo un'altra delle parole che ci possono far bene o che ci possono far male: quante volte ci è capitato di dire "e quello ha detto così, e l'altro ha detto così", o di dire "ma quello ha questo e io no", i luoghi comuni, il cosa dice la gente. Ci capita. Ci capita quando siamo piccoli, ci capita quando cresciamo, ci capita anche da adulti. Qui è fondamentale riuscire a fare il passaggio da "cosa dicono gli altri" a "cosa dici tu, cosa pensi tu".

Facciamo un esempio apparentemente banale: un ragazzo che dice "loro hanno le scarpe firmate e io no". Il genitore molte volte dice "ma vai a quel paese e per le scarpe è importante che ci cammini e stop". Oppure il genitore si pone il problema: "abbiamo i soldi per soddisfare questo, e prendile!". Tutti e due meccanismi erronei, che creano un rapporto fra il ragazzo e il genitore che è pericoloso: qui ci si sta specchiando in un luogo comune, si sta incentivando un luogo comune. Qual'è invece la domanda fondamentale da porre e su cui cercare di lavorare? Tu Francesco, i tuoi amici ti hanno detto che non hai le scarpe firmate, che non hai la maglia così e così, ... certo i tuoi amici, ma senti, "tu cosa pensi?"

Aiutare fin da piccoli a cercare un proprio pensiero, ma è un lavoro che dobbiamo fare anche da grandi perchè quante volte ci scopriamo a dire: cosa dirà questo, cosa dirà quello. Ed è questo il problema. Aiutarci e aiutare chi è in relazione con noi. Fermiamoci un attimo, riflettiamo, chiediamo e chiediamoci: tu che cosa pensi?

Andiamo avanti a rilfettere su altre parole. Ecco un altro errore che facciamo con le parole: quante volte diciamo a qualche amico, a qualche ragazzo, a qualche adulto, ecc. "Ma cosa hai fatto, ma non sei capace di fare niente, sei un imbecille". Lo diciamo al figlio, all'amico, all'alunno, ecc. E ci scappa questo tipo di atteggiamento: negare l'altro per qualcosa che ha fatto, che ha detto, che non ha fatto, che non ha detto, ecc. Qual'è il messaggio di cui invece abbiamo bisogno? Trovare delle parole, un gesto, dei toni che dicano: hai sbagliato, ma non sei tu ad essere sbagliato, "hai sbagliato", non invece "sei sbagliato" , "ti amo qualsiasi sia il risultato anche dei tuoi errori". Riflettimo su questa cosa: ti voglio bene, questa cosa è sbagliata, ma tu, tu sei una persona che ha valore, tu sei unico, irripetibile, qui hai sbagliato, ma non sei sbagliato.

E' una parola, una frase che ci sentiamo dire o che alle volte diciamo anche a noi stessi. Invece di stare a quel fatto specifico annulliamo tutta la persona o ci annulliamo. E' importante invece trasmettere il valore unico e irripetibile che ognuno ha, al di là della inevitabile possibilità di errore di ognuno. Io ti voglio bene, io ti amo, tu vali, è questa cosa che è sbagliata. Il distinguere il qui e ora ed evitare l'errore di generalizzazione: da un intoppo, che c'è, che va esaminato, si generalizza e tutta la persona diventa negativa ai nostri occhi, o noi stessi diventiamo negativi ai nostri occhi.

Noi non vogliamo questo, ma inconsapevolmente lo facciamo, e se ci ascoltiamo ci possiamo accorgere che coi gesti, coi toni stiamo indebitamente generalizzando un errore, uno sbaglio, una negatività. E forse stiamo proiettando un nostro disagio, una nostra difficoltà ad accettarci. Io distruggo una pesona perchè sto proiettando un'insoddisfazione, perchè non ce la faccio a coltivare il bel tempo dentro di me. E scarico tutto questo sull'altro svalutandolo o contro me stesso autosvalutandomi, e non me ne rendo conto. Provate a pensarci, quante volte vi è succeso di sentirvi negati per un errore, magari per una stupidaggine, perchè la persona con cui state interagendo in quel momento non ha quell'equilibrio che la fa star bene, e allora scarica sull'altro le proprie tensioni, inconsapevolmente. Solo se abbiamo un buon equilibrio riusciamo a non farci toccare da queste generalizzazioni. E magari ad usarle come dei fedback, come occasioni di riflessione, di elaborazione, di crescita.

E' importante che qui ci diciamo, per chi è genitore, per chi vorrà diventare genitore: questo è il mestiere più difficile al mondo! Hai questa responsabilità fondamentale di costruire la capacità di relazione, di fare da specchio (ricordate i neuroni specchio). Gli errori sono continui e sono nel 99,9% errori in buona fede. E le parole che i figli indirizzano ai genitori sono ancor più un problema perhè il figlio ha meno esperienza, meno storia, meno conoscenza.

Ma chi è figlio e non è più un bambino provi a riflettere e a dirsi che è molto importante che anche lui si alleni a capire lo squilibrio che nota nel proprio genitore. Un lavoro difficilissimo, sia per il genitore che per il figlio, ma fa crescere, fa crescere molto. Sapersi fermare invece di ribattere, di continuare la battaglia. Credo sia esperienza di ognuno: colpo su colpo, colpo su colpo e tutti staranno male, genitori, figli, insegnanti, alunni, amici, partner.

Altre parole. Inanelliamo una serie di parole che fanno star male. Il silenzio, cioè le parole non dette! Prendiamo una famiglia con padre, madre e due figli. Un errore al quale è importante che cerchiamo di fare attenzione è quello di considerare lo studio dei figli come qualcosa di diverso dal lavoro dei genitori: i genitori vanno a lavorare, hanno i loro impegni, c'è chi si occupa della casa, ecc. I figli invece devono studiare. Io suggerisco di impostare così: siamo 4 in famiglia, ogni mattina simo in 4 che andiamo a lavorare. Non so quante famiglie usano questo modo di comunicare fin da piccoli. Il lavoro di un bambino è giocare, e poi diventa andare a scuola e il tempo del gioco diminuisce, ma non si annulla mai, per tutta la vita. Il suggerimento è quindi: non chiamatelo studio, ma lavoro, che si fa a 5 poi a 10 poi a 15 poi a 30 anni e così via. E' con quel lavoro che anche il figlio si guadagna le scarpe, il vestito, il cibo, la casa, ecc.

Lavoro è la parola non detta, lasciata nel silenzio. Se questa parola viene detta fin da subito, se è chiara dentro i genitori, diventa diverso il modo di reagire, e i figli si rendono conto che, se non lavoro e ho le scarpe, la giacca, la casa, sto rubando. Io credo che vada esplicitato in ogni famiglia: siamo in 4 e ogni mattina, qualunque sia l'età, in 4 si va a lavoare. In questo modo non c'è più il "devi studiare, devi, devi...", ma si crea una situazione. Queste sono le parole non dette, che io non sento mai.

Altre parole: come rimproverare senza ferire, senza negare la persona. Stai sbagliando invece di: sei sbagliato. Dobbiamo dirlo con le parole, con il paraverbale e col non verbale, col linguaggio del corpo. Deve passare l'affetto, l'interesse, la valorizzazione della persona che ho davanti e che io per dovere, per ruolo, per amicizia, dico: carissimo, hai sbagliato, però non sei sbagliato, tu vali, tu puoi cambiare, puoi modificare il tuo agire. Se ti risponde: no, io la penso diversamente. Ok, ci si ferma, a meno che ci sia un rapporto di responsabilità adulto-ragazzo, dove l'adulto deve prendere delle decisioni. Fra adulti il fermarsi e parlarsi chiaro senza negarsi il reciproco valore, è fondamentale, dicendo chiaramente "stai sbagliando", però subito e con tutto il linguaggio del corpo: "tu vali, tu sei capace". Trasmettere attraverso il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale questo messaggio aiuta tutti a crescere.

Più siamo giovani più è difficile fare questo e alle volte ci sentiamo negare il nostro valore di fronte a un errore, di fronte ad un compito che è andato male, di fronte ad un'interrogazione che è andata male, di fronte ad una partita persa, di fronte a qualcosa che è andato storto. Tante volte ci sentiamo negare il nostro valore, invece che sentire che c'è qualcuno che ci vuol bene e che ci dice: secondo me qui c'è qualcosa che non va, ma tu vali, e puoi, secondo me, riuscire a venirne fuori.

Un altro errore che facciamo con le parole: non vi è mai capitato di sentirvi dire com'è brava la zia a fare questo e tu invece; guarda tuo padre come ...; guarda il tuo compagno come fa bene... Mai fare paragoni. Da un punto di vista psicologico è un errore enorme. Ognuno di noi è diverso. Ognuno di noi ha la propria storia. Guardate: il nostro codice civile ha un articolo che è il 147, che è un capolavoro dal punto di vista psicologico. Ogni tanto vien fuori qualcosa di splendido dal codice. Parla dei doveri verso i figli e dice così: mantenere, istruire, educare "nel rispetto delle loro capacità (siamo tutti diversi), inclinazioni (siamo tutti diversi), aspirazioni (siamo tutti diversi)".

Quante volte ognuno di noi si è sentito paragonare al padre, alla madre, allo zio, alla zia, al compagno, alla compagna. L'articolo 147 ci dà una chiave, ci dice che ognuno è diverso. Metti l'occhio, osserva, quali sono le inclinazioni, le aspirazioni, le capacità. Ciò che conta non è quello che io voglio che tu faccia, che tu diventi, che tu sia: sarebbe un meccanismo di proiezione dei desideri miei. Cioè proietterei i miei desideri su quella persona, senza rendermi conto di quanto vale l'unicità e irrepetibilità di una persona. La spingo a fare il mio tappetino invece che ad essere e a costruire se stessa in modo personale.

E qui viene il tema di quando vediamo, secondo noi, un errore. Ci rendiamo conto che la persona che ci è amica sta sbagliando: fermatevi, date la possibilità alle persone alle quali volete bene, date loro la possibilità di sbagliare. A meno che si trovi su un precipizio, allora la tiri via. Ma è attraverso tentativi ed errori che si sviluppa la personalità di ognuno di noi. Non è facendo di tutto per normalizzare i nostri figli, i nostri alunni, i nostri amici, i nostri partner. E più lavorate ad avere bel tempo dentro di voi, più vi sarà possiile fare questo lavoro di osservazione e di rispetto.

Sono un mare di anni che faccio psicoterapie e ho visto un mare di persone: non ci sono modelli vincenti, ci sono i modelli di ognuno. Io ho un mio modello, ma guai se io, di fronte ad una persona che viene da me, a fare una chiacchierata con me, lavorassi ad imboccare il mio modello. Mi impoverirei in maniera incredibile. Ho visto un mare di modelli i più diversi, apparentemente incompatibili, ma il problema è: la persona sta bene? Ce la fa? E' felice? Sta normalmente bene? Basta, non tocco niente. Vado a lavorare a quel pezzetto sul quale la persona mi chiede una chiacchierata, un parere, un aiuto. Quindi osservare, evitare di spaventarsi di fronte a qualcosa che ritenete uno sbaglio, un errore dal vostro punto di vista. Ad esempio un bambino: lasciatelo cadere, poi si rialza, impara. Lasciatelo sporcare invece che "No! Si sporca il vestito! No, lasciate che si sporchi: impara. Attraverso tentativi ed errori noi cresciamo, attraverso tentativi ed errori ognuno di noi può trovare la propria strada, unica ed irripetibile.

Se ha di fronte a sè, ai suoi neuroni specchio, dei meccanismi di omologazione, nessuno saprà chi è quella persona, nessuno lo potrà mai sapere perchè avrà fatto man mano da tappetino qui, da tappetino là, ripetendo schemi omologanti e basta. Si sarà chiesto continuamente_ cosa penserà questo, cosa penserà quello, ma dimenticando di chiedersi cosa pensa lui!

Qual'è la persona più importante al mondo per te? Quando io faccio questa domanda le risposte sono in genere: mio figlio, mia madre. Io sorrido e dico: sei tu, perchè se tu perdi te stesso, cosa se ne fa tuo figlio di un te che non c'è? Cosa se ne fa tua madre di di un te che non c'è? Sei tu la persona più importante al mondo per te, solo tu puoi mostrare al mondo chi sei, solo tu puoi governare te stesso, usare le parole, il paraverbale, il non verbale che esprime chi sei tu Francesco, chi sei tu Giovanna, chi sei tu, tu, tu ... Altrimenti nessuno saprà mai chi sei. E sarai l'appendice di tuo figlio, l'appendice di tua made, l'appendice del tuo amico, della tua amica, l'appendice di... Perderemo al mondo l'occasione di sapere chi sei tu, o tu, oppure tu,....perchè vedremo solo il tappetino, vedremo solo qualcuno che si muove in base a "cosa dirà questo, cosa dirà quello, ..."

Io direi a questo punto di fare un esercizio perchè dopo tutte queste cose ci può essere utile fermarci e fare l'esercizio della galleria personale, che abbiamo visto nel seminario scorso sul burnout. Vi chiederò, per chi lo vuol fare, di mettervi comodi, chiudere gli occhi, fare un bel respiro, e poi ascoltare semplicemente quello che vi dirò.

Esercizio della galleria personale

Mettetevi comodi, chiudete gli occhi, chi lo vuol fare, chi lo desidera. Portate l'attenzione al vostro respiro, e fate un bel grande respiro. Prendete tutto l'ossigeno che potete e portate l'attenzione al vostro respiro, alla vita che avete dentro di voi, è la vostra vita, è la tua vita, unica e irripetibile.
E mentre ascolti la tua vita, unica e irripetibile, in questo momento vai a dei ricordi belli, positivi. Possono essere momenti in cui eri da solo, possono essere momenti in cui eri con altre persone, magari eri al mare, o in un bosco, o eri in una casa. Fatevi una serie di quadri di momenti belli. Possono essere quadri o possono essere dei filmati. Una galleria personale di cose che quando vi mettete in quella situazione, quando vi immergete in quelle situazioni, ah! vi si allargano i polmoni, state bene.
Immergetevi in questi quadri, in questi filmati. Ora aggiungete colore, i colori che vi piacciono, ravvivateli. Aggiungete luce, se vi piace. Magari metteteci anche la musica che preferite. E state lì a godervi tutto questo, godetevelo, coltivatelo dentro di voi, e state lì tutto il tempo che volete. State lì a gustarvelo e a rafforzare dentro di voi la vostra capacità di star bene.
E aprirete gli occhi quando vorrete.

Vediamo ora un'altra cosa importante delle nostre parole. Dicevo prima che fare i genitori è il mestiere più difficile al mondo. Non avendo dei genitori divini, perchè non è possibile, partiamo dal presupposto che tutti gli errori che fanno li fanno in buona fede. Li hanno fatti sbagliando, ma credendo che quella fosse la strada giusta. Cosa significa questo? Che è importante nelle nostre parole distinguere ancora una volta la persona dall'intenzione, distinguere ciò che fa una persona, dall'intenzione. Uno può fare delle cose sbagliatissime, e farle con buona intenzione. E io penso che il 99,9% di genitori, insegnanti, persone che hanno responsabilità di altre persone, fa degli enormi errori, ma convinti che è così che bisogna fare. Succede agli adulti, ma succede anche ai ragazzi, ai giovani, ad ogni età.

Ora nel parlare con le persone, se voi tenete presente questo, potete trovare una strada per venir fuori da questa trappola. Un genitore che sbaglia: non mi metto a controbattere, se me ne rendo conto, ... certo, più siamo piccoli, più è difficile, più siamo adulti e più abbiamo possibilità di riflettere, fermarci. Accidenti,....sta muovendosi in maniera sbagliatissima, però crede di far bene... un attimo, cosa posso fare? Così si può aprire la possibilità di una via per venirne fuori. Se mi metto sullo stesso piano e mi metto a ribattere non se ne viene fuori, soltanto ci si nega l'un l'altro, si nega ciò che di più prezioso abbiamo, la nostra unicità, la nostra diversità. Quante volte nelle nostre parole c'è la negazione dell'altro: sei sbagliato! No (non mi stancherò mai di ribadirlo)!Stai sbagliando e credi di far bene. Solo così c'è la possibilità di trovare una via d'uscita rafforzando il senso di sè, invece che uscirne delusi, depressi, perdendo la motivazione. Evitare di cascare in questo tranello, evitare di cascare nell'incapacità di gestire i nostri neuroni specchio.

Quando siamo piccoli è più difficile. Man mano che cresciamo dovremmo imparare a gestire con la consapevolezza i nostri neuroni specchio. E qui c'è un tema di fondo: la difficoltà a fare tutto questo. Io non vi sto dicendo cose facili, sto cercando di darvi una mano a costruire elmenti di consapevolezza. Si chiamano seminari, sono dei semi. E spero che poi ognuno di voi, a modo proprio, li aiuti a germinare e a crescere allenandosi.

Qui al seminario abbiamo tanti teenagers. Ora, c'è una cosa che purtroppo non viene mai spiegata, io non la sento mai. Noi abbiamo un cervello che ha 100 miliardi di neuroni, ma i neuroni da soli non servono a niente. I neuroni sono molto importanti quando si connettono fra di loro. Noi nasciamo con tutti i nostri neuroni: 100 miliardi, sono lì. Abbiamo una bella testona quando nasciamo, una testona e un corpicino, siamo un po' sproporzionati, poi ci si riequilibra. Lì ci sono tutti i 100 miliardi di neuroni, ma non sono connessi come in una persona che è matura. E tutto il percorso di crescita è dato dallo sviluppo delle connessioni: cento milioni di miliardi di connessioni che si formano man mano che cresciamo. E capire questo è molto importante, per chi è adulto e per chi è teenager. Per l'adulto per capire alcuni comportamenti del teenager, per il teenager per prendere atto del periodo che sta vivendo, senza scoraggiarsi, senza meravigliarsi. Il teenager alle volte ad esempio sbatte la porta o lancia un insulto, e poi si chiede: ma perchè l'ho fatto? Azioni improvvise, sbattimenti improvvisi.

Quando io ero piccolo la maggior età era a 21 anni. Non avevamo ancora la risonanza magnetica funzionale (Mrf). Ma sempre di più psicologi e neurologi hanno collaborato e collaborano con questi strumenti di neuroimaging e oggi sappiamo che aver abbassato la maggior età a 18 anni è sbagliato dal punto di vista della psicobiologia. In alcune nazioni la maggior età è addirittura abbassata a 16 anni. Le connessioni dei nostri 100 miliardi di neuroni raggiungono un equilibrio solo attorno ai 22 anni. In particolare la fascia prefrontale è l'ultima che completa le sue connessioni. Questo ha reso a tutti molto difficile il periodo che trascorriamo da teenager. Qualcuno se lo ricorderà, ma in genere ce lo dimentichiamo, per cui è dificile per l'adulto capire i teenagers. E questa è una delle ragioni importanti per cui i teenagers non si sentono capiti.

I teenagers si trovano in una tempesta che non è soltanto ormonale, quella è una, ma c'è una tempesta cerebrale, connessioni che si formano e finiscono, si formano e si tagliano: anche il nostro cervello va per tentativi ed errori. Per cui è esperienza di ogni teenager è che in alcuni giorni è a cento e altri giorni è a terra, in alcuni momenti spaccherebbe il mondo e in altri momenti non gliene frega più niente di niente, momenti in cui vorrebbe magari addormentarsi per sempre, poi momenti in cui vede l'insegnante con la faccia scura perchè magari ha il mal di pancia, e il teenager pensa che gli vuol male, che non lo considera, mentre forse ha solo un mal di pancia.

Come ne veniamo fuori da questa difficoltà di comunicazione, con quali parole? E qui c'è ua cosa importantissima, quella che noi chiamiamo il linguaggio dell'io: è diverso dire hai sbagliato, sei un imbecille perchè hai fatto quella cosa lì, e dire invece "senti, tu ieri hai fatto questo e questo, e io quando tu hai fatto questo, quando tu mi hai detto questo, io mi sono sentito annullato, schiacciato, negato, ecc.". Un figlio a un genitore, un genitore a un figlio, un insegnante a un alunno, un alunno a un insegnante, una amico ad un amico, un partner al suo partner, ecc. Il linguaggio dell'io. Invece di cadere nella proiezione: invece di proiettare sull'altro tutto ciò che di frustrazione ho addosso, mi fermo e dico cosa provo io quando succede questo e questo, e lo esprimo.

Se io dico hai sbagliato, sei un imbecille, qual'è la reazione? E' quella di autodifesa, e la persona può sempre dire: ti sbagli tu. E' diverso invece dire: quando hai fatto questo, quando hai detto questo, quando hai avuto quel comporamento, io mi sono sentito così e così. Nessuno può dirti che non è vero. E se a quella persona non gliene importa nulla di te avrai pescato comunque nel vuoto, ma se quella persona ti vuol bene (ed è questa la relazione che ci interessa qui), se a quella persona tu interessi e non sentendosi accusata, ma sentendosi dire "quando tu hai fatto questo io non ti dico che hai sbagliato, ma ti dico solo che io mi sono sentito così", questo può cambiare la relazione, può arricchire le persone, può aiutare a fare un passo avanti.

Se un insegnante dice all'alunno "io mi sono sentita così quando tu hai fatto quel ..." e non dice "tu non capisci niente, non combinerai mai nulla di buono, ecc..." è molto diverso! Lo chiamiamo il linguaggio dell'io ed è fondamentale nei rapporti fra adulti e ragazzi, come è fondamentale nelle coppie. Osservate nei rapporti di coppia quante volte vi arrabbiate, vi accusate, vi insultate. Provate ad andare a uno di questi litigi e ad immaginare di applicare il linguaggio dell'io invece di accusarvi. "Senti, ieri tu hai fatto questo e questo, e io mi sono sentito...un niente". Se uno ti vuol bene a questo punto non va all'arrembaggio, perchè non si sente accusato, ma forse si chiede: "accidenti, ma io voglio che questa persona stia male, che si senta un niente?" . E forse parte qualche idea di cambiamento nella relazione. Il linguaggio dell'io!

Siamo ormai alla fine. Avrei ancora tante cose da dire, ma il nocciolo spero di essere riuscito a farvelo arrivare. Per chiudere, per chi è daccordo, per chi lo desidera, ripeterei l'esercizio con cui abbiamo concluso il seminario precedente sul burnout.

Aggiungo solo una cosa: Rosenthal e l'effetto Pigmalione. Un re mitico, Pigmalione, si racconta si fosse innamorato di una splendida statua di donna. Ne era tanto innamorato che ad un certo punto la statua si animò e vissero insieme felici e contenti. Una favola, un mito. Ma Rosenthal, uno psicologo, ha mostrato come usando le parole giuste possiamo incentivare la crescita delle persone, come invece usando altre parole possiamo schiacciare le persone, specialmente i ragazzi. Rosenthal descrive una serie di esperimenti fatti nelle classi scolastiche, che provano questo principio.

Ricordo una ragazza in un liceo, che nel chiedermi una mano mi dice: andavo male in una materia, ma un giorno l'insegnante mi ha preso in disparte in corridoio e mi ha espresso con affetto il suo dispiacere (linguaggio dell'io invece del rimprovero). Da quel momento quella ragazza ha iniziato a prendere bei voti: la forza del linguaggio dell'io espresso con affetto!

E ora, per finire, l'esercizio di autorafforzamento del proprio senso di sè. Vi chiedo di mettervi comodi, di chiudere gli occhi e di ascoltare semplicemente le cose che vi dirò.

Esercizio io valgo.

Chiudete gli occhi, portate l'attenzione al vostro respiro, fate un grande respiro. Il respiro è la vita dentro di noi, è l'ossigeno che permette a tutte le nostre cellule di lavorare. Questi 50 trilioni di cellule che formano ognuno di noi, che non sappiamo perchè, da tanti anni (pochi per alcuni, molti per altri) continuano a collaborare e non sappiamo perchè.
E mentre ascoltate il vostro respiro, la vostra vita, unica e irripetibile dentro di voi, in questo momento immaginate alle vostre spalle i vostri genitori che vi mettono una mano sulle spalle e vi sorridono. Al di là dei loro limiti vi hanno trasmesso la cosa più preziosa che hai: la vita. E ora sai che è tua, è nelle tue mani.
E dietro i tuoi genitori immagina i nonni che ti sorridono. E dietro i nonni immagina centinaia di volti che ti sorridono: sono i tuoi antenati, una catena infinita, lunghissima. Gente che ha lavorato, di generazione in generazione perchè la vita arrivasse fino a te, perchè tu e non un'altra persona, perchè tu potessi fare esperienza della vita.
E forse puoi pensare che in questa catena, in qualunque punto, se quella coppia avesse fatto l'amore un'ora dopo, cinque minuti dopo, tutto da quel punto in poi sarebbe cambiato e tu, tu, tu, non saresti mai esistito. E invece da migliaia di anni tutto avviene perchè tu, tu, tu fossi qui oggi a fare esperienza della tua vita.
E allora , ascoltando la vita dentro di te, immagina di voltarti verso i tuoi genitori, i tuoi nonni, i tuoi antenati, e al di là dei loro limiti, onorarli e ringraziarli per la vita che ti hanno trasmesso, e che ora è tua, unica e irripetibile.
E dopo averli salutati e ringraziati, voltati di nuovo e guarda ora davanti a te, la tua vita, che è nelle tue mani. E mentre ascolti la tua vita dentro di te, immagina di cominciare ad ascoltare una voce che arriva dalla parte più profonda di te, e che dice, forse debolmente all'inizio, ma che potrà rafforzarsi giorno dopo giorno, una voce che dice:

io valgo
io sono ..... (e qui metti il tuo nome)
e sono unica e irripetibile
e giorno dopo giorno
io sono capace
di percepire
e poi percorrere
con equilibrio
la mia strada.

State lì a godervi tutto questo, e la mia indicazione è: fatelo ogni giorno, a rafforzare ogni giorno il vostro senso di sè. Non permettete a nessuno di schiacciarvi. Rafforzate il vostro senso di sè, e più sarete forti dentro di voi, più coltiverete il bel tempo dentro di voi, più vi sarà agevole rapportarvi in modo equilibrato agli altri.


ALCUNE LETTURE UTILI PER APPROFONDIRE ED ESERCITARSI

  • "Le parole per crescere tuo figlio" di A. Roberti, Macro ediz. (€12,90)
  • "Le parole per salvare l'amore" di A. Roberti, Ediz. Mondadori (€ 16)
  • "Le parole per migliorare la vita di chi ami...e la tua! di A. Roberti, ed. Mondadori (€12)
  • "PNL per gli insegnanti" di R. Churches e R. Terry, ed. Alessio Roberti (€ 19,90)
  • "La scuola e l'arte di ascoltare" di M. Sclavi e G. Giorelli (€14)
  • "Capire un adolescente: come cambia il cervello dei ragazzi fra i 13 e i 18 anni" di B. Strauch, ed. Mondadori (€8,80)


Youtube: Gian Luigi Pirovano seminari di psicologia
www.gianluigipirovano.it il sito dove spiego le tecniche che amo
FB e Skype