domenica 10 giugno 2012

104- La vita(21) Non è facile mettersi nell'ottica della psicobiologia e pensare al nostro organismo come un "organismo direzionale", capace di reagire ai fatti della vita e capace di una certa autoguarigione. Non è facile accettare che la nostra storia biologica si esprime in impulsi iscritti storicamente e biologicamente nel nostro organismo. E non è facile accettare che nel concetto di autoguarigione si innesta necessariamente anche il concetto di morte (mentre un genitore trasmette ai figli la vita trasmette loro anche la morte), come parte di un processo vitale più grande di noi, grande non solo come la Terra, ma come l'Universo (o gli Universi, secondo la teoria delle stringhe). Non è facile accettare che siamo dentro un meccanismo immenso: non è facile accettare che la vita avrebbe potuto svilupparsi in altre forme e noi sparire o mai apparire. Non è facile accettare che siamo il frutto fortunato di una lunghissima evoluzione che sta continuando e che inevitabilmente, come ci insegna l'astrofisica, porterà alla sparizione del genere umano, della Terra, del sistema solare. Non è facile accettare infine quello che l'epistemologia ci spiega e cioè che capiremo sempre più cose, ma non capiremo mai cos'è la vita. Non è facile perchè allo stesso tempo sentiamo una forte spinta a vivere. Non è facile accettare che la vita ci chiede solo di essere vissuta, mentre noi abbiamo bisogno di spiegazioni per reggere la vita, con le sue bellezze ma anche con i suoi problemi. Per questo nascono filosofie, religioni, modi di pensare, modi di interpretare: abbiamo bisogno di essere creativi, di essere dei "maghi". Tutto legittimo perchè si pesca nell'inconoscibile, nell'indimostrabile e quindi nella libertà di scelta. Ed è splendido quando, applicando quello che ogni giorno di più sappiamo dalla psicobiologia, aiutiamo le persone a cambiare, cambiare la loro vita nella direzione che desiderano, quella vita che non sappiamo cosa sia, e li vediamo diventare "maghi" della propria vita. Come è triste, ma semplicemente umano, accettare la nostra impotenza quando non ci riusciamo.