
La zona di confort è un termine
tecnico che si riferisce allo stato psicologico in cui uno si trova.
Ma Henry Laborit, che scrive “L’elogio
della fuga”, ha mostrato come il nostro organismo, per
caratteristiche fisiche e mentali, tende a stare nella situazione in
cui ci troviamo. Il che va bene se stiamo bene. Ma se abbiamo dei
problemi, invece di percorrere vie nuove tendiamo a ripetere gli
stessi meccanismi a cui siamo abituati, anche se non funzionano e non
risolvono il nostro malessere: abbiamo utilizzato in passato un
meccanismo, ha funzionato una volta, continuiamo a ripeterlo anche in
situazioni che richiederebbero altri approcci. Quindi c’è in noi
una tendenza all'inerzia dei comportamenti, degli atteggiamenti, dei
modi di pensare, dei modi di fare. Mentre sappiamo che la vita è un
continuo cambiamento: l'unica cosa stabile della vita è il
cambiamento. Noi siamo diversi da 2 minuti fa, sono entrate parole
nuove, qualcosa si è aggiunto, qualcosa è cambiato. È facile
immaginare teoricamente che è importante essere flessibili e
adattarsi al cambiamento, ma Laborit ci dice che non è così
semplice perché c’è una tendenza all'inerzia. Tendiamo a stare lì
dove siamo abituati a stare, appunto la zona di confort. Che alcune
volte è un confort apparente.
Freud rispetto a questo parla di
resistenze, resistenze al cambiamento. Laborit parla di questa
inerzia dicendoci che bisogna chiedersi come cambiare, che cosa
possiamo fare di diverso rispetto al passato se non stiamo bene.
Fra i tanti libri che Freud ha scritto,
ne indico due, “Il futuro di un’illusione” e “Il disagio
della civiltà”.
“Il futuro di un’illusione” sono
le riflessioni di Freud sulle religioni che lui chiama illusioni.
Nessuno è riuscito a dimostrare che il Dio esiste, ma nessuno è
riuscito a dimostrare nemmeno il contrario. Eppure tutta la storia è
piena di guerre religiose. Nonostante abbiamo alle spalle tutto
l'illuminismo dal ‘700, e tutti gli studi della conoscenza del
secolo scorso, un religioso può ancora pensare di essere nella
verità. Pensate che oggi nel nostro mondo ci sono più scienziati
che in tutta la storia umana, ma l'inerzia porta ancora molti a
pensare che la loro religione sia la verità. Con le religioni siamo
oltre la razionalità, oltre le cose dimostrabili, per cui ognuno è
libero di scegliere cosa pensare. Ma nessuno può sostenere che la
propria scelta è la verità.
“Il disagio della civiltà” è un
libro su come la società, l’organizzazione sociale cerca di tenera
a bada i nostri istinti. E' chiaro che una serie di resistenze ci
vengono dal tipo di organizzazione sociale in cui siamo. Pensate
all'Arabia, alla Persia, alla Thailandia, immaginate se ognuno di
noi fosse nato e cresciuto lì: avremmo delle credenze e delle
resistenze diverse. La religione dominante in alcuni Stati dice che
si possono avere fino a 3 mogli. Qui da noi la società si è
organizzata in forma monogamica. Ma con enormi resistenze, se teniamo
conto che la metà delle coppie si lascia, il 30% sta male insieme, e
solo 2 coppie su 10 riescono a star bene. Possiamo vedere come la
monogamia non sia proprio così semplice. Le statistiche ci dicono
che circa 9 milioni di Italiani ricorrono al sesso a pagamento. Siamo
fondamentalmente poligamici? Non so quanto tempo ci vorrà perchè
capiamo quale è la strada per star bene assieme. Se qualcuno
ricorda la conferenza che abbiamo fatto su “attrazione,
innamoramento e amore” avrà presente tutte le difficoltà che ci
sono dietro la parola amore. E come le coppie tendano a ripetere
comportamenti e meccanismi che non funzionano, a restare impigliate
in un'apparente zona di confort. Che diventa la trappola che porta
alle separazioni.
La figlia di Freud, Anna Freud, va
oltre le scoperte di suo padre e sviluppa molto quelli che vengono
chiamati i meccanismi di difesa, meccanismi che tendono a creare
inerzia. In quali modi ci difendiamo? Vediamo alcuni meccanismi di
difesa.
La negazione. Quante volte parlando con
gli altri diciamo: “ma avevi detto così?” e l’altro ti dice:
“no, non è vero”. Vi è mai capitato? Cos’è successo? È
successo, che mentre voi eravate attenti a quello che stava
succedendo, eravate testimoni di quanto era successo, l’altro
resiste, non ricorda più. Non perchè è in malafede, ma perchè ha
messo nell'inconscio quell'avvenimento, in quanto va contro alcune
sue credenze e ricordarlo lo disturberebbe.
La scissione. Persone che vi dicono:
quando incontri alcune persone ti comporti in una data maniera,
quando siamo io e te sei diverso. In situazioni diverse noi siamo
diversi ed è facile che noi neghiamo questo dicendo e sostenendo che
siamo sempre noi.
Un altro meccanismo di difesa è
l'idealizzazione. Idealizzare una persona è un’errore enorme. I
bambini idealizzato i genitori. Prima dell’adolescenza tendiamo a
vivere i genitori come degli dei. All’inizio dell’adolescenza poi
si tende ad opporsi ai genitori perché la natura ci porta a rompere,
vuole sempre qualcosa di nuovo. E allora in adolescenza cerchiamo
di proiettarci all'esterno, ad esplorare il mondo. Da adulti
l'idealizzazione dovremmo superarla perché dovremmo aver capito che
tutti noi siamo fatti di pregi e di difetti, che nessuno è un dio.
Comunque anche da adulti questo meccanismo idealizzante può scattare
e creare dei problemi di scelte squilibrate.
Vediamo ora l'identificazione. Succede
molto nell’adolescenza. Ci si identifica con qualcuno del gruppo di
adolescenti ad esempio, sia nel bene che nel male. Se è nel bene ci
aiuta a crescere, se è nel male è ovviamente un problema. Ma la
stessa cosa può accadere negli adulti. Quanti adulti si identificano
nei capi dei vari partiti? O in personaggi dello sport, o in
personaggi pubblici?
La razionalizzazione. Capita a tutti
noi, quando ad esempio non sappiamo che pesci pigliare, cerchiamo
delle giustificazioni. Costruiamo cioè delle razionalizzazioni, e ci
crediamo. Costruiamo dei ragionamenti che cercano di mettere in un
quadro logico quello che abbiamo detto o abbiamo fatto.
La formazione reattiva. L’altro
giorno ero in una classe di liceo e mi spiegavano come due loro
componenti si isolavano, disprezzavano gli altri. Si chiedevano
perché noi siamo qui a cercare di collaborare, e questi due si
mettono in disparte e ci dicono che il fatto che noi siamo assieme a
loro non importa nulla. Si alza un ragazzo e fa un’osservazione che
descrive molto bene la formazione reattiva. Dice: secondo me quelle
due nostre compagne sono molto timide, si svalutano e per reazione
fanno il contrario, fanno le sostenute e ci snobbano. Splendido!
Questo è ciò che sostiene Anna Freud descrivendo la formazione
reattiva: sono un timido e divento un bullo. Può avvenire anche il
contrario: io valgo, ma faccio il timido per attirare l’attenzione.
Vediamo ora la rimozione. Si ha quando
metto qualcosa in cantina, nell'inconscio. Avviene in modo automatico
nella nostra vita, fin dall'inizio, dai primi momenti. E ciò che
viene rimosso formerà un substrato inconscio che continuerà ad
agire inconsciamente nella nostra vita.
Un altro meccanismo di difesa è la
proiezione. Proiettare negli altri ciò che è mio. Se io sono
arrabbiato è facile che pensi che anche gli altri lo siano, è
facile che interpreti le azioni degli altri come degli attacchi a me.
Proietto qualcosa che è dentro di me e interpreto il mondo con gli
schemi che ho dentro io.
Sublimazione e regressione. Tipica
sublimazione è quando il mondo cattolico chiede ai preti di non
vivere la sessualità, ma di sublimarla verso l'amore per la società
aiutando le persone. Prendo un istinto, lo metto da parte ma non lo
schiaccio: lo trasformo in qualcosa d’altro, che vada, in questo
caso, nella direzione del benessere e della cura degli altri mettendo
da parte la sessualità.
Regressione è invece quando noi
ritorniamo a stadi precedenti della nostra vita. Quando noi
ritorniamo a fare i bambini, ci mettiamo a scherzare, a giocare.
Questa è una regressione che è importante tenere fino a 100 anni!
Ma se facciamo i bambini in momenti sbagliati siamo di fronte a
regressioni problematiche.
Wihlelm Reich, un altro psicoanalista,
darà il nome di “corazza caratteriale” all'insieme delle nostre
caratteristiche e dei nostri meccanismi di difesa .Non è facile
lasciare una corazza caratteriale. Perché ci è difficile uscirne?
Molte volte per la paura della solitudine. Cosa farò? Non riuscirò
più a trovare nessuno? È Questo è comprensibilissimo negli
adolescenti. E bisogna aiutarli a cambiare gruppo quando ci vengono a
raccontare qualcosa che non nel loro gruppo non condividono e non
sanno che pesci pigliare. Il rischio è che ci siano identificazioni
negative. Aiutarli a capire non è una cosa facile, aiutarli a
vincere la paura della solitudine. Perchè il bisogno più grande che
c’è in noi è quello della relazione. Nasciamo da una relazione e
cerchiamo continuamente le relazioni, dalla relazione privilegiata
della coppia sino agli amici, ai compagni, ecc. Sicuramente un grande
ostacolo al cambiamento è la paura della solitudine. Come fare a
vincerla? Teniamo presente che il mondo è grande e che come noi
abbiamo bisogno di relazioni, anche gli altri ne hanno bisogno.
Quindi se riesco a staccarmi dal gruppo negativo quando sento che la
relazione è sbagliata e mi apro al mondo guadagno tempo. E dopo che
mi sono leccato le ferite mi posso aprire al mondo.
Un altro ostacolo al cambiamento è
la paura di fallire. La paura di sbagliare, di non farcela. Ci
chiediamo se è giusto lasciare la condizione in cui mi trovo, il
lavoro, gli amici, la coppia, ecc. Siamo pieni di timori e di dubbi.
Possiamo immaginare tre cechi
concentrici: al centro la nostra zona di confort, nel secondo cerchio
la prima zona di possibile cambiamento, una zona di rischio, ma che
ci fa meno paura, poi il terzo cerchio come luogo di grandi
cambiamenti che possono spaventarci. Cambiare le compagnie, la
coppia, chi frequentiamo o cambiare alcuni nostri modi di reagire
alle situazioni, ecc..
Laboryt ci dice: noi siamo abituati a
certi meccanismi e tendiamo a ripeterli, perché sappiamo quello che
succederà. Sappiamo anche che andrà male, ma ne siamo abituati.
Dice che è talmente forte questo meccanismo che alle volte
preferiamo lo star male che conosciamo rispetto ad introdurre dei
cambiamenti il cui risultato non sappiamo. Riusciamo ad immaginare e
a temere che il cambiamento potrebbe portare un male peggiore
rispetto al male che conosco. Ed ecco che sto dentro alla zona di
confort.
Se io riesco autonomamente a cambiare
piano piano sarà più facile, sento meno il rischio della paura. Ma
se il salto sarà molto forte richiederà maggiore coraggio e più
fatica. La zona di panico immaginiamola in rosso, il colore delle
cose difficili.
È raro vedere delle coppie che si
lasciano rispettandosi, parlandosi in maniera civile. La situazione
più frequente è che quando una delle due persone realizza che è
importante cambiare, chiudere, scattano dei meccanismi di difesa
nell’altro, che prima sembrava non fossero presenti. Ho presente
una serie di situazioni in cui davvero la zona di panico è forte, in
cui avvengono situazioni di violenza, fino alla morte.
Vediamo ora la zona di confort, i
motori di ricerca e i social. Non so se vi siete accorti che i vari
motori di ricerca ci conoscono molto bene. Voi sapete che da quando
c’è la legge della privacysi ha la sensazione che, la privacy non
esiste più. Quando io faccio una domanda a Google per esempio, e poi
se tu a fare la stessa domanda, Google sponde in 2 modi diversi.
Perché? Perché risponde secondo i nostri gusti, tenendo conto
delle ricerche che abbiamo fatto fino a quel momento, secondo quello
che ha capito di noi. È chiaro che questo non aiuta il cambiamento,
perché mi si proporranno cose sempre abbastanza vicine a quanto io
già penso. Per trovare qualcosa di diverso, di abbastanza nuovo
rispetto alle mie abitudini, dovrò andare alla decima pagina, cosa
che raramente le persone fanno. I motori di ricerca ci conoscono
molto bene. Quindi tutto il meccanismo di internet non aiuta il
cambiamento.
Quanto ai social si sta diffondendo un
fenomeno, preoccupante. Noi vediamo dalle statistiche che aumenta
anno dopo anno la resistenza delle classi scolastiche ad andare in
gita scolastica. Perché? Pensate ai social. È bellissimo poter
essere in contatto, ma coi social io virtualmente sto vicino sempre
agli stessi. Per cui quando si propone di fare delle cose assieme ai
compagni di classe la risposta è: non mi interessa stare coi miei
compagni di classe, ma coi miei compagni dei social. I sociologi
dicono che vi è un rischio enorme: chi non è virtualmente in
contatto con me non lo apprezzo, perchè è diverso, non mi
interessa. È passano almeno 5 ore al giorno insieme. I rischi dello
strumento social. E' uno strumento: se io il martello lo uso per
mettere chiodi, splendido, ma se lo uso per spaccare le teste, è un
casino. Così i social. Allora che facciamo?
Sto bene con me stesso? Se una persona
sta bene con sé stessa ok.
Sto bene con gli altri? Se sto bene con
me stesso è probabile che riesca anche a capire gli altri, e a
interagire positivamente.
Sto bene con il mondo ?. È importante
riuscire a confrontarsi creativamente con tutti.
Il benessere è dato dallo star bene
con sé stessi, con gli altri, con il mondo in quanto terra, natura,
le altre popolazioni.
Se è così allora ok, non ho bisogno
di uscire dalla zona di confort e il cambiamento avviene il maniera
naturale. Mi adeguo alle situazioni, sono flessibile, sto bene con me
stesso, con gli altri e con il mondo.
Ho invece un problema che non riesco a
risolvere? Devo chiedermi quali altre strade posso sperimentare per
risolvere questo problema.
Io sono nato come psicoanalista e un
po' come tutte le scuola la tendenza è di chiudersi. E' importante
invece tenere gli occhi aperti per sentire altre voci, altri
approcci. Ad un certo punto c’erano due persone che non riuscivo ad
aiutare. Mi sono fatto una domanda: chi riesce a cambiare questo
tipo di persone? È proprio in quei giorni mi è arrivato un dépliant
di Giorgio Nardone, fondatore e leader di una scuola di ad Arezzo.
Riguardava proprio il problema di queste due persone. Eravamo a
giugno e il convegno era ad ottobre. In attesa del convegno compro
tutti i libri di Nardone, li studio, mi piacciono e inizio a lavorare
in quel modo, completamente diverso dal mondo della psicoanalisi.
Tempo due sedute e quelle due persone iniziano a cambiare. A quel
punto ho cominciato ad allargare lo sguardo. Se voi ora andate sul
mio sito, gianluigi pirovano.it vedrete che descrivo almeno 15
tecniche, quelle che ho trovato più adatte a me, più efficaci per
il mio modo di intendere la psicoterapia..
Ho un problema che non riesco a
risolvere. Mi chiedo: c’è qualcuno che lo ha risolto, c’è
qualcuno che riesce? La prima cosa da fare è esaminare i tentativi
inefficaci fatti per cercare di risolverlo. È chiaro che se abbiamo
un problema facciamo dei tentativi. Se non funzionano bisogna provare
altro, ma la zona di confort lo rende difficile. Per aiutare la
persona bisogna vedere l’elenco di tutti i tentativi fatti e
inventare creativamente una strada diversa. La zona di rischio e di
panico che contorna la zona di confort ci insegna che dovremo fare
tentativi graduali, cominciare con piccoli passi per non creare ansia
e panico. Un piccolo passo, magari ridendo, introducendo dell’ironia.
Quello che si riesce a fare ridendo di se stessi e delle situazioni è
sicuramente una cosa che aiuta ad aprire la mente e a muoversi fuori
dall'area di confort. Provo, funziona, bene, vado avanti. Provo, non
funziona, riprovo in modo diverso.
L’obiettivo cos’è? L’obiettivo è
quello di far partire il cambiamento. Se voglio arrivare al traguardo
della maratona non posso arrivarci la di colpo. Devo allenarmi, devo
fare il primo passo, poi il secondo passo, poi il terzo e così via.
La tecnica di utilizzare piccoli passi tenendo d’occhio
l’obiettivo.. Voi lo sapete bene:, se voi prendete una palla di
neve e la buttate giù da un pendio innevato, quella piano piano
diventa una valanga. Con piccoli passi si può arrivare a fare una
valanga di cambiamenti. È una tecnica importantissima in
psicoterapia: osservare, vedere, immaginare i cambiamenti che si
possono fare e poi iniziare dal cambiamento più piccolo, dal più
semplice. Poi, passo passo, molte volte la persona va avanti da sola.
Ci sono due tipi di cambiamento. Una è
il cambiamento stando dentro della zona di confort. Si chiama
cambiamento 1. così stiamo la nostra cultura, i nostri schemi, le
nostre abitudini, la nostra zona di confort. La nostra cultura, le
nostre abitudini ci fanno pensare in un modo, usando uno schema dal
quale ci è difficile uscire. Ma c'è anche il cambiamento 2 che è
la base della creatività. Ossia la capacità di uscire dagli schemi.
Coltivando la consapevolezza che ognuno di noi ha dentro una serie di
presupposti che mettiamo in atto senza accorgercene. Pensiamo che
sia gusto come la pensiamo noi, che le cose vadano come la pensiamo
noi, , quando in realtà possono andare in 1000 altri modi diversi.
Il cambiamento 2 è quello che consente la creatività, consente il
cambiamento.
Capite che non è così semplice perché
se alcuni di voi ricordano la conferenza sull'ipnosi, ricorderà che
ognuno di noi vive nella propria bolla ipnotica. Esserne consapevoli
e accettarlo è fondamentale. Se io considero la mia bolla la verità
sarà dura che io cambi. Se io considero la mia bolla frutto della
mia storia allora sarà possibile che io mi metta in contatto con
un’altra bolla, la ascolti con meraviglia e mi arricchisca e a mia
volte arricchisca l’altro. Questo è il cambiamento 2.
Oggi siamo consapevoli che la vita è
sempre più complessa. Prendiamo Pascal. Ricorderete uno dei suoi
pensieri: in fondo ad ogni verità bisogna aggiungere che ci si deve
ricordare della verità opposta. Provate a pensare: oggi siamo in
ballo con la campagna elettorale, con destra e sinistra che si
demoliscono a vicenda. Cosa ci dice Pascal? Se tu sei
di destra ricordati che nella sinistra c’è qualcosa che tu stai
dimenticando e di cui non tieni conto. E viceversa. La difficoltà di
impostare e mettere in atto un confronto creativo. Ricordate i
seminari sulla scuola di Boston e del confronto creativo. Pascal ci
dice: attenzione, chiediti sempre qual è il nocciolo di verità che
la c’è nell'altro e che tu stai dimenticando.
Ricordiamo Hegel. Dice: la
contraddizione è la regola del vero, la non contraddizione è la
regola del falso. Tesi, antitesi e sintesi. E la nuova sintesi
diventa a suo volta la nuova tesi che avrà un'antitesi e una nuova
sintesi. E così via. Quindi c’è sempre da chiedersi : cosa c’è
di vero nel contrario di quello che io penso, cosa c’è che mi può
arricchire? Pensate alla coppia. La natura fa attrarre le persone
diverse, vuole sperimentare mix diversi, altrimenti saremmo ancora
ai primi batteri di 3,8 miliardi di anni fa.
Anche Bohr, un dei fondatori della
fisica quantistica distingue due verità: ci sono delle verità
semplici. Questo tavolo è marrone, se uno dice bianco è strano.
Queste sono le verità semplici perché sono evidenti a tutti. A meno
che uno sia daltonico. Ma Bohr aggiunge: le verità profonde sono
riconoscibili dal fatto che anche l’opposto è una profonda verità.
È voi sapete che la teoria quantistica di Bohr e la teoria della
relatività di Einstein sostengono due cose completamente diverse.
Einstein guardava con curiosità il suo collega Bohr e gli diceva: io
non capisco la teoria quantistica. E Bohr pure diceva: io non capisco
perché se io vado nell'infinitamente piccolo trovo delle leggi
diverse da quelle della relatività. Einstein e Bohr che si
dicevano: sia la verità della relatività funziona, sia la verità
della quantistica funziona, eppure sono una opposta dell'altra. Con
la teoria quantistica stiamo facendo tantissime cose. Con la
relatività di Einstein ne stiamo facendo tantissime altre. Ma non
riusciamo ancora a trovare un modo per combinarle. Prima o poi
arriverà la sintesi.
Ma anche Godel è un personaggio
fondamentale nell' epistemologia, che è la scienza della
conoscenza. Godel è quello è riuscito a dimostrare che nessun
sistema di affermazioni può essere autonomo e senza contraddizioni.
Qui siamo nel centro sociale di Respublica, che è una splendida
realtà, ma sbaglieremmo se dicessimo la perfezione. No: ha le sei
contraddizioni. Questo vale anche per Emergency. Prendete qualsiasi
realtà: ovunque troviamo contraddizioni, altrimenti saremmo degli
dei. Nessun sistema di affermazioni può essere autonomo e senza
contraddizioni. Godel faceva riferimento a Russell che aveva scritto
I principi della matematica sostenendo la perfezione della
matematica. Godel prende il libro di Russell, lo esamina e e dice a
Russell : ti sbagli, non esiste nessun sistema di affermazioni che
può essere autonomo e senza contraddizioni, neppure la matematica.
Sono i suoi due teoremi dell'incompletezza.
La consapevolezza della complessità ci
può aiutare a cambiare perché ci aiuta a pensare che ci si può
sempre arricchire attraverso la diversità dell'altro.
Aggiungiamo ulteriore concetto
importante: il controllo ecologico. Per chi si ricorda la conferenza
sulla programmazione neurolinguistica, questa è una terminologia
della PNL. Di fronte a qualsiasi cambiamento è fondamentale che ci
chiediamo: mi fa bene, lo posso sopportare, lo posso reggere, lo
posso fare? Cambiamento significa cambiare stato, cambiare modo. Ma è
importante tener conto delle resistenze e chiederci, di fronte ad
ogni passo, se quanto sto facendo mi sta aiutando, mi sta servendo.
In particolare chiedermi a quali bisogni rispondeva il comportamento
precedente. Cambiare, ma rispettando i bisogni a cui i comportamenti
precedenti rispondevano. Ad esempio: quella fobia mi proteggeva da
che cosa? Cambio, supero la fobia con l'aiuto della psicoterapia, ma
rispettando il bisogno di prudenza che la fobia esasperava.
Se volete possiamo fare un esercizio.
Ognuno di noi ha delle situazioni nelle
quali pensa che sarebbe carino trovare un modo diverso di
rapportarsi, di fare. Prendete situazioni piccole. Pensate a quei
piccoli cambiamenti che tante volte avete desiderato provare a fare,
ma che non avete mai fatto. Cercherò di darvi un piccolo aiuto per
fare un piccolo cambiamento. Vi chiederò di mettervi comodi, di
chiudere gli occhi e di portare l’attenzione al vostro respiro. E
poi di ascoltare le mie parole.
Pronti? Mettetevi comodi. Chiudete gli
occhi. Porta ora l’attenzione al tuo respiro. E' la tua vita, la
vita che hai ricevuto e che ora è tua. È la senti nel tuo respiro.
E mentre ascolti il tuo respiro, la tua vita, vai ad una situazione
in cui ti piacerebbe cambiare il tuo modo di relazionarti. Finora ci
hai tentato ma non sei soddisfatto. Vai a quella situazione,
immaginala, immagina di essere li. È prova ad ascoltare la parte più
profonda di te: che suggerimento ti dà. Forse uno, forse due, forse
ti da più suggerimenti. Una ricchezza se sono più,: hai più
possibilità da sperimentare. Porta l’attenzione a questi
suggerimenti che senti dalla parte più profonda di te. È ora di' a
te stesso: qual è il più semplice? Prova ad individuarlo e di' a
te stessa: ok, proverò questo e vedrò cosa cambia. E immaginati ora
dentro quella situazione mentre metti in atto quel piccolo
cambiamento che hai sentito e scelto, il più piccolo, il più
semplice fra quanti hai immaginato. E osserva che cosa avviene,
osserva che cosa avviene nella parte più profonda di te. Cosa ti fa
immaginare che succederà? Se ti dice e ti dà messaggi positivi di'
a te stesso: lo provo. Se senti dei problemi fai un passo indietro e
cercarne un altro tra quei passi che hai immaginato. È stai lì a
giocare in questo modo tutto il tempo che vuoi, finché senti che fai
una scelta e la proverai. E riaprirai gli occhi quando vorrai.