lunedì 25 novembre 2019

168 - Zona di confort e strategie di cambiamento. Trascizione sintetica del mio seminario n°22  che trovate in viseo sul mio canale Youtube
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La zona di confort è un termine tecnico che si riferisce allo stato psicologico in cui uno si trova.
Ma Henry Laborit, che scrive “L’elogio della fuga”, ha mostrato come il nostro organismo, per caratteristiche fisiche e mentali, tende a stare nella situazione in cui ci troviamo. Il che va bene se stiamo bene. Ma se abbiamo dei problemi, invece di percorrere vie nuove tendiamo a ripetere gli stessi meccanismi a cui siamo abituati, anche se non funzionano e non risolvono il nostro malessere: abbiamo utilizzato in passato un meccanismo, ha funzionato una volta, continuiamo a ripeterlo anche in situazioni che richiederebbero altri approcci. Quindi c’è in noi una tendenza all'inerzia dei comportamenti, degli atteggiamenti, dei modi di pensare, dei modi di fare. Mentre sappiamo che la vita è un continuo cambiamento: l'unica cosa stabile della vita è il cambiamento. Noi siamo diversi da 2 minuti fa, sono entrate parole nuove, qualcosa si è aggiunto, qualcosa è cambiato. È facile immaginare teoricamente che è importante essere flessibili e adattarsi al cambiamento, ma Laborit ci dice che non è così semplice perché c’è una tendenza all'inerzia. Tendiamo a stare lì dove siamo abituati a stare, appunto la zona di confort. Che alcune volte è un confort apparente.
Freud rispetto a questo parla di resistenze, resistenze al cambiamento. Laborit parla di questa inerzia dicendoci che bisogna chiedersi come cambiare, che cosa possiamo fare di diverso rispetto al passato se non stiamo bene.
Fra i tanti libri che Freud ha scritto, ne indico due, “Il futuro di un’illusione” e “Il disagio della civiltà”.
“Il futuro di un’illusione” sono le riflessioni di Freud sulle religioni che lui chiama illusioni. Nessuno è riuscito a dimostrare che il Dio esiste, ma nessuno è riuscito a dimostrare nemmeno il contrario. Eppure tutta la storia è piena di guerre religiose. Nonostante abbiamo alle spalle tutto l'illuminismo dal ‘700, e tutti gli studi della conoscenza del secolo scorso, un religioso può ancora pensare di essere nella verità. Pensate che oggi nel nostro mondo ci sono più scienziati che in tutta la storia umana, ma l'inerzia porta ancora molti a pensare che la loro religione sia la verità. Con le religioni siamo oltre la razionalità, oltre le cose dimostrabili, per cui ognuno è libero di scegliere cosa pensare. Ma nessuno può sostenere che la propria scelta è la verità.
“Il disagio della civiltà” è un libro su come la società, l’organizzazione sociale cerca di tenera a bada i nostri istinti. E' chiaro che una serie di resistenze ci vengono dal tipo di organizzazione sociale in cui siamo. Pensate all'Arabia, alla Persia, alla Thailandia, immaginate se ognuno di noi fosse nato e cresciuto lì: avremmo delle credenze e delle resistenze diverse. La religione dominante in alcuni Stati dice che si possono avere fino a 3 mogli. Qui da noi la società si è organizzata in forma monogamica. Ma con enormi resistenze, se teniamo conto che la metà delle coppie si lascia, il 30% sta male insieme, e solo 2 coppie su 10 riescono a star bene. Possiamo vedere come la monogamia non sia proprio così semplice. Le statistiche ci dicono che circa 9 milioni di Italiani ricorrono al sesso a pagamento. Siamo fondamentalmente poligamici? Non so quanto tempo ci vorrà perchè capiamo quale è la strada per star bene assieme. Se qualcuno ricorda la conferenza che abbiamo fatto su “attrazione, innamoramento e amore” avrà presente tutte le difficoltà che ci sono dietro la parola amore. E come le coppie tendano a ripetere comportamenti e meccanismi che non funzionano, a restare impigliate in un'apparente zona di confort. Che diventa la trappola che porta alle separazioni.
La figlia di Freud, Anna Freud, va oltre le scoperte di suo padre e sviluppa molto quelli che vengono chiamati i meccanismi di difesa, meccanismi che tendono a creare inerzia. In quali modi ci difendiamo? Vediamo alcuni meccanismi di difesa.
La negazione. Quante volte parlando con gli altri diciamo: “ma avevi detto così?” e l’altro ti dice: “no, non è vero”. Vi è mai capitato? Cos’è successo? È successo, che mentre voi eravate attenti a quello che stava succedendo, eravate testimoni di quanto era successo, l’altro resiste, non ricorda più. Non perchè è in malafede, ma perchè ha messo nell'inconscio quell'avvenimento, in quanto va contro alcune sue credenze e ricordarlo lo disturberebbe.
La scissione. Persone che vi dicono: quando incontri alcune persone ti comporti in una data maniera, quando siamo io e te sei diverso. In situazioni diverse noi siamo diversi ed è facile che noi neghiamo questo dicendo e sostenendo che siamo sempre noi.
Un altro meccanismo di difesa è l'idealizzazione. Idealizzare una persona è un’errore enorme. I bambini idealizzato i genitori. Prima dell’adolescenza tendiamo a vivere i genitori come degli dei. All’inizio dell’adolescenza poi si tende ad opporsi ai genitori perché la natura ci porta a rompere, vuole sempre qualcosa di nuovo. E allora in adolescenza cerchiamo di proiettarci all'esterno, ad esplorare il mondo. Da adulti l'idealizzazione dovremmo superarla perché dovremmo aver capito che tutti noi siamo fatti di pregi e di difetti, che nessuno è un dio. Comunque anche da adulti questo meccanismo idealizzante può scattare e creare dei problemi di scelte squilibrate.
Vediamo ora l'identificazione. Succede molto nell’adolescenza. Ci si identifica con qualcuno del gruppo di adolescenti ad esempio, sia nel bene che nel male. Se è nel bene ci aiuta a crescere, se è nel male è ovviamente un problema. Ma la stessa cosa può accadere negli adulti. Quanti adulti si identificano nei capi dei vari partiti? O in personaggi dello sport, o in personaggi pubblici?
La razionalizzazione. Capita a tutti noi, quando ad esempio non sappiamo che pesci pigliare, cerchiamo delle giustificazioni. Costruiamo cioè delle razionalizzazioni, e ci crediamo. Costruiamo dei ragionamenti che cercano di mettere in un quadro logico quello che abbiamo detto o abbiamo fatto.
La formazione reattiva. L’altro giorno ero in una classe di liceo e mi spiegavano come due loro componenti si isolavano, disprezzavano gli altri. Si chiedevano perché noi siamo qui a cercare di collaborare, e questi due si mettono in disparte e ci dicono che il fatto che noi siamo assieme a loro non importa nulla. Si alza un ragazzo e fa un’osservazione che descrive molto bene la formazione reattiva. Dice: secondo me quelle due nostre compagne sono molto timide, si svalutano e per reazione fanno il contrario, fanno le sostenute e ci snobbano. Splendido! Questo è ciò che sostiene Anna Freud descrivendo la formazione reattiva: sono un timido e divento un bullo. Può avvenire anche il contrario: io valgo, ma faccio il timido per attirare l’attenzione.
Vediamo ora la rimozione. Si ha quando metto qualcosa in cantina, nell'inconscio. Avviene in modo automatico nella nostra vita, fin dall'inizio, dai primi momenti. E ciò che viene rimosso formerà un substrato inconscio che continuerà ad agire inconsciamente nella nostra vita.
Un altro meccanismo di difesa è la proiezione. Proiettare negli altri ciò che è mio. Se io sono arrabbiato è facile che pensi che anche gli altri lo siano, è facile che interpreti le azioni degli altri come degli attacchi a me. Proietto qualcosa che è dentro di me e interpreto il mondo con gli schemi che ho dentro io.
Sublimazione e regressione. Tipica sublimazione è quando il mondo cattolico chiede ai preti di non vivere la sessualità, ma di sublimarla verso l'amore per la società aiutando le persone. Prendo un istinto, lo metto da parte ma non lo schiaccio: lo trasformo in qualcosa d’altro, che vada, in questo caso, nella direzione del benessere e della cura degli altri mettendo da parte la sessualità.
Regressione è invece quando noi ritorniamo a stadi precedenti della nostra vita. Quando noi ritorniamo a fare i bambini, ci mettiamo a scherzare, a giocare. Questa è una regressione che è importante tenere fino a 100 anni! Ma se facciamo i bambini in momenti sbagliati siamo di fronte a regressioni problematiche.
Wihlelm Reich, un altro psicoanalista, darà il nome di “corazza caratteriale” all'insieme delle nostre caratteristiche e dei nostri meccanismi di difesa .Non è facile lasciare una corazza caratteriale. Perché ci è difficile uscirne? Molte volte per la paura della solitudine. Cosa farò? Non riuscirò più a trovare nessuno? È Questo è comprensibilissimo negli adolescenti. E bisogna aiutarli a cambiare gruppo quando ci vengono a raccontare qualcosa che non nel loro gruppo non condividono e non sanno che pesci pigliare. Il rischio è che ci siano identificazioni negative. Aiutarli a capire non è una cosa facile, aiutarli a vincere la paura della solitudine. Perchè il bisogno più grande che c’è in noi è quello della relazione. Nasciamo da una relazione e cerchiamo continuamente le relazioni, dalla relazione privilegiata della coppia sino agli amici, ai compagni, ecc. Sicuramente un grande ostacolo al cambiamento è la paura della solitudine. Come fare a vincerla? Teniamo presente che il mondo è grande e che come noi abbiamo bisogno di relazioni, anche gli altri ne hanno bisogno. Quindi se riesco a staccarmi dal gruppo negativo quando sento che la relazione è sbagliata e mi apro al mondo guadagno tempo. E dopo che mi sono leccato le ferite mi posso aprire al mondo.
Un altro ostacolo al cambiamento è la paura di fallire. La paura di sbagliare, di non farcela. Ci chiediamo se è giusto lasciare la condizione in cui mi trovo, il lavoro, gli amici, la coppia, ecc. Siamo pieni di timori e di dubbi.
Possiamo immaginare tre cechi concentrici: al centro la nostra zona di confort, nel secondo cerchio la prima zona di possibile cambiamento, una zona di rischio, ma che ci fa meno paura, poi il terzo cerchio come luogo di grandi cambiamenti che possono spaventarci. Cambiare le compagnie, la coppia, chi frequentiamo o cambiare alcuni nostri modi di reagire alle situazioni, ecc..
Laboryt ci dice: noi siamo abituati a certi meccanismi e tendiamo a ripeterli, perché sappiamo quello che succederà. Sappiamo anche che andrà male, ma ne siamo abituati. Dice che è talmente forte questo meccanismo che alle volte preferiamo lo star male che conosciamo rispetto ad introdurre dei cambiamenti il cui risultato non sappiamo. Riusciamo ad immaginare e a temere che il cambiamento potrebbe portare un male peggiore rispetto al male che conosco. Ed ecco che sto dentro alla zona di confort.
Se io riesco autonomamente a cambiare piano piano sarà più facile, sento meno il rischio della paura. Ma se il salto sarà molto forte richiederà maggiore coraggio e più fatica. La zona di panico immaginiamola in rosso, il colore delle cose difficili.
È raro vedere delle coppie che si lasciano rispettandosi, parlandosi in maniera civile. La situazione più frequente è che quando una delle due persone realizza che è importante cambiare, chiudere, scattano dei meccanismi di difesa nell’altro, che prima sembrava non fossero presenti. Ho presente una serie di situazioni in cui davvero la zona di panico è forte, in cui avvengono situazioni di violenza, fino alla morte.
Vediamo ora la zona di confort, i motori di ricerca e i social. Non so se vi siete accorti che i vari motori di ricerca ci conoscono molto bene. Voi sapete che da quando c’è la legge della privacysi ha la sensazione che, la privacy non esiste più. Quando io faccio una domanda a Google per esempio, e poi se tu a fare la stessa domanda, Google sponde in 2 modi diversi. Perché? Perché risponde secondo i nostri gusti, tenendo conto delle ricerche che abbiamo fatto fino a quel momento, secondo quello che ha capito di noi. È chiaro che questo non aiuta il cambiamento, perché mi si proporranno cose sempre abbastanza vicine a quanto io già penso. Per trovare qualcosa di diverso, di abbastanza nuovo rispetto alle mie abitudini, dovrò andare alla decima pagina, cosa che raramente le persone fanno. I motori di ricerca ci conoscono molto bene. Quindi tutto il meccanismo di internet non aiuta il cambiamento.
Quanto ai social si sta diffondendo un fenomeno, preoccupante. Noi vediamo dalle statistiche che aumenta anno dopo anno la resistenza delle classi scolastiche ad andare in gita scolastica. Perché? Pensate ai social. È bellissimo poter essere in contatto, ma coi social io virtualmente sto vicino sempre agli stessi. Per cui quando si propone di fare delle cose assieme ai compagni di classe la risposta è: non mi interessa stare coi miei compagni di classe, ma coi miei compagni dei social. I sociologi dicono che vi è un rischio enorme: chi non è virtualmente in contatto con me non lo apprezzo, perchè è diverso, non mi interessa. È passano almeno 5 ore al giorno insieme. I rischi dello strumento social. E' uno strumento: se io il martello lo uso per mettere chiodi, splendido, ma se lo uso per spaccare le teste, è un casino. Così i social. Allora che facciamo?
Sto bene con me stesso? Se una persona sta bene con sé stessa ok.
Sto bene con gli altri? Se sto bene con me stesso è probabile che riesca anche a capire gli altri, e a interagire positivamente.
Sto bene con il mondo ?. È importante riuscire a confrontarsi creativamente con tutti.
Il benessere è dato dallo star bene con sé stessi, con gli altri, con il mondo in quanto terra, natura, le altre popolazioni.
Se è così allora ok, non ho bisogno di uscire dalla zona di confort e il cambiamento avviene il maniera naturale. Mi adeguo alle situazioni, sono flessibile, sto bene con me stesso, con gli altri e con il mondo.
Ho invece un problema che non riesco a risolvere? Devo chiedermi quali altre strade posso sperimentare per risolvere questo problema.
Io sono nato come psicoanalista e un po' come tutte le scuola la tendenza è di chiudersi. E' importante invece tenere gli occhi aperti per sentire altre voci, altri approcci. Ad un certo punto c’erano due persone che non riuscivo ad aiutare. Mi sono fatto una domanda: chi riesce a cambiare questo tipo di persone? È proprio in quei giorni mi è arrivato un dépliant di Giorgio Nardone, fondatore e leader di una scuola di ad Arezzo. Riguardava proprio il problema di queste due persone. Eravamo a giugno e il convegno era ad ottobre. In attesa del convegno compro tutti i libri di Nardone, li studio, mi piacciono e inizio a lavorare in quel modo, completamente diverso dal mondo della psicoanalisi. Tempo due sedute e quelle due persone iniziano a cambiare. A quel punto ho cominciato ad allargare lo sguardo. Se voi ora andate sul mio sito, gianluigi pirovano.it vedrete che descrivo almeno 15 tecniche, quelle che ho trovato più adatte a me, più efficaci per il mio modo di intendere la psicoterapia..
Ho un problema che non riesco a risolvere. Mi chiedo: c’è qualcuno che lo ha risolto, c’è qualcuno che riesce? La prima cosa da fare è esaminare i tentativi inefficaci fatti per cercare di risolverlo. È chiaro che se abbiamo un problema facciamo dei tentativi. Se non funzionano bisogna provare altro, ma la zona di confort lo rende difficile. Per aiutare la persona bisogna vedere l’elenco di tutti i tentativi fatti e inventare creativamente una strada diversa. La zona di rischio e di panico che contorna la zona di confort ci insegna che dovremo fare tentativi graduali, cominciare con piccoli passi per non creare ansia e panico. Un piccolo passo, magari ridendo, introducendo dell’ironia. Quello che si riesce a fare ridendo di se stessi e delle situazioni è sicuramente una cosa che aiuta ad aprire la mente e a muoversi fuori dall'area di confort. Provo, funziona, bene, vado avanti. Provo, non funziona, riprovo in modo diverso.
L’obiettivo cos’è? L’obiettivo è quello di far partire il cambiamento. Se voglio arrivare al traguardo della maratona non posso arrivarci la di colpo. Devo allenarmi, devo fare il primo passo, poi il secondo passo, poi il terzo e così via. La tecnica di utilizzare piccoli passi tenendo d’occhio l’obiettivo.. Voi lo sapete bene:, se voi prendete una palla di neve e la buttate giù da un pendio innevato, quella piano piano diventa una valanga. Con piccoli passi si può arrivare a fare una valanga di cambiamenti. È una tecnica importantissima in psicoterapia: osservare, vedere, immaginare i cambiamenti che si possono fare e poi iniziare dal cambiamento più piccolo, dal più semplice. Poi, passo passo, molte volte la persona va avanti da sola.
Ci sono due tipi di cambiamento. Una è il cambiamento stando dentro della zona di confort. Si chiama cambiamento 1. così stiamo la nostra cultura, i nostri schemi, le nostre abitudini, la nostra zona di confort. La nostra cultura, le nostre abitudini ci fanno pensare in un modo, usando uno schema dal quale ci è difficile uscire. Ma c'è anche il cambiamento 2 che è la base della creatività. Ossia la capacità di uscire dagli schemi. Coltivando la consapevolezza che ognuno di noi ha dentro una serie di presupposti che mettiamo in atto senza accorgercene. Pensiamo che sia gusto come la pensiamo noi, che le cose vadano come la pensiamo noi, , quando in realtà possono andare in 1000 altri modi diversi. Il cambiamento 2 è quello che consente la creatività, consente il cambiamento.
Capite che non è così semplice perché se alcuni di voi ricordano la conferenza sull'ipnosi, ricorderà che ognuno di noi vive nella propria bolla ipnotica. Esserne consapevoli e accettarlo è fondamentale. Se io considero la mia bolla la verità sarà dura che io cambi. Se io considero la mia bolla frutto della mia storia allora sarà possibile che io mi metta in contatto con un’altra bolla, la ascolti con meraviglia e mi arricchisca e a mia volte arricchisca l’altro. Questo è il cambiamento 2.
Oggi siamo consapevoli che la vita è sempre più complessa. Prendiamo Pascal. Ricorderete uno dei suoi pensieri: in fondo ad ogni verità bisogna aggiungere che ci si deve ricordare della verità opposta. Provate a pensare: oggi siamo in ballo con la campagna elettorale, con destra e sinistra che si demoliscono a vicenda. Cosa ci dice Pascal? Se tu sei di destra ricordati che nella sinistra c’è qualcosa che tu stai dimenticando e di cui non tieni conto. E viceversa. La difficoltà di impostare e mettere in atto un confronto creativo. Ricordate i seminari sulla scuola di Boston e del confronto creativo. Pascal ci dice: attenzione, chiediti sempre qual è il nocciolo di verità che la c’è nell'altro e che tu stai dimenticando.
Ricordiamo Hegel. Dice: la contraddizione è la regola del vero, la non contraddizione è la regola del falso. Tesi, antitesi e sintesi. E la nuova sintesi diventa a suo volta la nuova tesi che avrà un'antitesi e una nuova sintesi. E così via. Quindi c’è sempre da chiedersi : cosa c’è di vero nel contrario di quello che io penso, cosa c’è che mi può arricchire? Pensate alla coppia. La natura fa attrarre le persone diverse, vuole sperimentare mix diversi, altrimenti saremmo ancora ai primi batteri di 3,8 miliardi di anni fa.
Anche Bohr, un dei fondatori della fisica quantistica distingue due verità: ci sono delle verità semplici. Questo tavolo è marrone, se uno dice bianco è strano. Queste sono le verità semplici perché sono evidenti a tutti. A meno che uno sia daltonico. Ma Bohr aggiunge: le verità profonde sono riconoscibili dal fatto che anche l’opposto è una profonda verità. È voi sapete che la teoria quantistica di Bohr e la teoria della relatività di Einstein sostengono due cose completamente diverse. Einstein guardava con curiosità il suo collega Bohr e gli diceva: io non capisco la teoria quantistica. E Bohr pure diceva: io non capisco perché se io vado nell'infinitamente piccolo trovo delle leggi diverse da quelle della relatività. Einstein e Bohr che si dicevano: sia la verità della relatività funziona, sia la verità della quantistica funziona, eppure sono una opposta dell'altra. Con la teoria quantistica stiamo facendo tantissime cose. Con la relatività di Einstein ne stiamo facendo tantissime altre. Ma non riusciamo ancora a trovare un modo per combinarle. Prima o poi arriverà la sintesi.
Ma anche Godel è un personaggio fondamentale nell' epistemologia, che è la scienza della conoscenza. Godel è quello è riuscito a dimostrare che nessun sistema di affermazioni può essere autonomo e senza contraddizioni. Qui siamo nel centro sociale di Respublica, che è una splendida realtà, ma sbaglieremmo se dicessimo la perfezione. No: ha le sei contraddizioni. Questo vale anche per Emergency. Prendete qualsiasi realtà: ovunque troviamo contraddizioni, altrimenti saremmo degli dei. Nessun sistema di affermazioni può essere autonomo e senza contraddizioni. Godel faceva riferimento a Russell che aveva scritto I principi della matematica sostenendo la perfezione della matematica. Godel prende il libro di Russell, lo esamina e e dice a Russell : ti sbagli, non esiste nessun sistema di affermazioni che può essere autonomo e senza contraddizioni, neppure la matematica. Sono i suoi due teoremi dell'incompletezza.
La consapevolezza della complessità ci può aiutare a cambiare perché ci aiuta a pensare che ci si può sempre arricchire attraverso la diversità dell'altro.
Aggiungiamo ulteriore concetto importante: il controllo ecologico. Per chi si ricorda la conferenza sulla programmazione neurolinguistica, questa è una terminologia della PNL. Di fronte a qualsiasi cambiamento è fondamentale che ci chiediamo: mi fa bene, lo posso sopportare, lo posso reggere, lo posso fare? Cambiamento significa cambiare stato, cambiare modo. Ma è importante tener conto delle resistenze e chiederci, di fronte ad ogni passo, se quanto sto facendo mi sta aiutando, mi sta servendo. In particolare chiedermi a quali bisogni rispondeva il comportamento precedente. Cambiare, ma rispettando i bisogni a cui i comportamenti precedenti rispondevano. Ad esempio: quella fobia mi proteggeva da che cosa? Cambio, supero la fobia con l'aiuto della psicoterapia, ma rispettando il bisogno di prudenza che la fobia esasperava.
Se volete possiamo fare un esercizio.
Ognuno di noi ha delle situazioni nelle quali pensa che sarebbe carino trovare un modo diverso di rapportarsi, di fare. Prendete situazioni piccole. Pensate a quei piccoli cambiamenti che tante volte avete desiderato provare a fare, ma che non avete mai fatto. Cercherò di darvi un piccolo aiuto per fare un piccolo cambiamento. Vi chiederò di mettervi comodi, di chiudere gli occhi e di portare l’attenzione al vostro respiro. E poi di ascoltare le mie parole.
Pronti? Mettetevi comodi. Chiudete gli occhi. Porta ora l’attenzione al tuo respiro. E' la tua vita, la vita che hai ricevuto e che ora è tua. È la senti nel tuo respiro. E mentre ascolti il tuo respiro, la tua vita, vai ad una situazione in cui ti piacerebbe cambiare il tuo modo di relazionarti. Finora ci hai tentato ma non sei soddisfatto. Vai a quella situazione, immaginala, immagina di essere li. È prova ad ascoltare la parte più profonda di te: che suggerimento ti dà. Forse uno, forse due, forse ti da più suggerimenti. Una ricchezza se sono più,: hai più possibilità da sperimentare. Porta l’attenzione a questi suggerimenti che senti dalla parte più profonda di te. È ora di' a te stesso: qual è il più semplice? Prova ad individuarlo e di' a te stessa: ok, proverò questo e vedrò cosa cambia. E immaginati ora dentro quella situazione mentre metti in atto quel piccolo cambiamento che hai sentito e scelto, il più piccolo, il più semplice fra quanti hai immaginato. E osserva che cosa avviene, osserva che cosa avviene nella parte più profonda di te. Cosa ti fa immaginare che succederà? Se ti dice e ti dà messaggi positivi di' a te stesso: lo provo. Se senti dei problemi fai un passo indietro e cercarne un altro tra quei passi che hai immaginato. È stai lì a giocare in questo modo tutto il tempo che vuoi, finché senti che fai una scelta e la proverai. E riaprirai gli occhi quando vorrai.

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